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La nuova vita agricola di Minceto


Parlare oggi di agricoltura in valle Scrivia non è molto facile. Specialmente se l'argomento è la viticoltura che, dove c'è, è viticoltura eroica; per la situazione orografica, alla stessa stregua di quella praticata nella Valle d'Aosta o nelle Cinque Terre e per la lavorazione totalmente manuale dovuta ai terrazzamenti. Non è facile innanzitutto per il totale abbandono ormai quasi centenario dei terreni, ma anche per la totale assenza di una politica che veda nell'agricoltura un percorso se non privilegiato quantomeno importante. Non ho sentimenti di rassegnazione, pur prendendo atto che i comuni, anziché avere nelle loro linee guida una politica tesa alla salvaguardia del territorio e dell'incentivazione di quelle attività che lo possono preservare e rilanciare, sia ai fini insediativi che turistici, divengono i primi distruttori dell'equilibrio della natura. Non c'è rassegnazione perché facendo e facendo in assoluta solitudine con la totale assenza di qualsiasi contributo, oltre che una disposizione alla fatica e al sudore ciò richiede una importante esposizione economica che non lascia certo spazi alla rassegnazione e tanto meno alle rinunce.

Il racconto di come sono arrivato in un breve spazio temporale, avendo iniziato nell'agosto 2003 a pulire territori abbandonati da oltre 80 anni, e a ripristinare vecchie colture, deve necessariamente avere un breve riferimento storico, persino favolistico. E per informazione vi racconto.

C'era una volta, nella collina che dal Minceto discende su Ronco Scrivia, passando dal Carmo, dalla Bandia e giù sino a Camparasa, una collina stupenda: solo qualche albero da frutta, tutta terrazzata, zine ma anche muri a secco, terrazze coltivate a orto, a patate, a grano e granturco meranino; e viti, tante viti a "tener su" le zine. Non solo per questo, ma anche per produrre del buon vino per dare quel conforto e quel sostentamento allora indispensabile a chi faticava nella vita agricola. Di quel periodo, inizi del Novecento, rimangono "solo" fotografie e qualche traccia storica in riviste locali.

Ed ecco che ci vengono in aiuto i riferimenti storici, che gentilmente l'amico geologo Sergio Pedemonte ha fornito, dando sostanza e concretezza a quello che ritenevo fosse un sentito dire: al Minceto si coltivava nebbiolo e timorasso! Ci sono le documentazioni! Ma prima di dar sfogo alla storia, occorre riprendere il racconto.

C'era una volta in un tempo molto più recente, nella collina che discende dal Minceto verso Ronco, sempre passando per il Carmetto, Bandia e Camparasa, una strada vicinale detta della Piana che si faticava a percorrerla a piedi, una strada comunale Ronco-Minceto franata e abbandonata dal Comune; una strada nuova, però non più diretta da Ronco a Minceto, bensì da Pietrafraccia a Minceto. In quella collina, tutto ciò che agli inizi del Novecento erano colture e bellezza ora mostrava soltanto desolazione. C'era spazio solo per le spine e il bosco in conseguenza del devastante abbandono e del degrado.

Vedendo le immagini dello stato di abbandono risulta molto difficile riuscire a pensare che un tempo vi fossero colture, ancor meno che fossero pure importanti. Eppure un tempo che non riusciamo a vedere come troppo lontano era tutto molto diverso. Come ci appare dalla lettura di una ricerca di G. Guenna, tratta dalla rivista "Novinostra" n. 1 del marzo 1981, che ci aiuta e che riportiamo per intero:

Il folclore in valle Scrivia: vita economica ed ergologica

L'alta e media valle Scrivia (alta da Torriglia a Busalla, media da Busalla a Rigoroso) hanno, in generale, la stessa costituzione geologica, essendo il loro terreno di natura calcarea. Questa natura non consente uno sfruttamento agricolo elevato [è ottimo però per la coltura della vite]. Nonostante gli sforzi tenaci e l'abilità con cui i contadini hanno strappato ai monti il terreno agricolo, le terrazze ottenute sono di una superficie limitata e non possono dare una produzione proporzionata alla fatica ed ai bisogni (D. Bertolotti, Viaggi nella Liguria marittima, v. 1, Torino 1834). I contadini erano rimasti soltanto nelle frazioni.

Purtroppo il disboscamento continuato dalla Prima guerra mondiale ed anche prima sino ad oggi ha prodotto gravi danni, senza contare quelli provocati dal cosiddetto "cancro del castagno". La proprietà terriera molto frazionata, e lo scarso spirito cooperativistico sono altre cause di certa depressione economica. Il centro più importante dell'alta valle Scrivia è, oggi come ieri, Busalla. Un tempo vi convergevano i mulattieri da tutte le valli circostanti; Busalla era eminentemente agricola, ha mutato il suo aspetto con la costruzione della strada (1821) e della ferrovia (1853) ed è oggi essenzialmente centro commerciale e industriale. La media valle ha caratteristiche simili all'alta valle; centro notevole è Ronco, che si può quasi dire il paese dei ferrovieri per il numeroso personale impiegato dalla stazione ferroviaria molto importante [oggi è vuota anche la stazione]. La campagna di Ronco assume un aspetto diverso dall'alta valle, è più distesa, più vasta, simile alla campagna piemontese, di cui sembra il preludio e alla quale man mano si avvicina [...].

Caccia e pesca - La caccia, che per gli antichi Liguri costituiva il mezzo per "risarcirsi della mancanza di biade", non fu mai abbandonata col passare dei secoli e col mutare delle abitudini di vita, ma rimase viva come usanza che, a volte costituisce un mezzo per integrare l'economia estremamente povera di certa popolazione [...].

Agricoltura - La maggior parte del territorio di valle Scrivia è a bosco e a pascolo [...]. I castagni un tempo offrivano una notevole produzione di frutti, che allora costituivano la maggior risorsa della popolazione montana. Le castagne si seccavano nell'abergu, essiccatoio [...]. Oggi le castagne secche sono meno ricercate ed i montanari le trascurano, anche perché i castagni hanno subito grave danno dal diffondersi del "cancro del castagno" [...]. A Casella, nei dintorni di Ronco e Isola, crescono molti meli, pochi peri, susini, ciliegi e noci. Abbastanza frequenti i noccioli selvatici. La vite non è rigogliosa [...]. È più rigogliosa tra Rigoroso e Serravalle. Un tempo la vite era molto coltivata nella frazione di Minceto (Ronco), nella zona Malvasi e Camparasa, che dava il miglior vino del circondario; oggi si coltiva quel tanto di nebbiolo che serve alle necessità locali. Anche nella zona di Montoggio si produce uva nera che dà un vino di sapore piuttosto aspro. Se quel poco di uva bianca si produce, si tratta di timorasso."

E veniamo così a oggi: un panorama trasformato dalla fatica e dalla volontà di ripristinare colture in cui si crede, nebbiolo e timorasso, che possono e daranno grandi soddisfazioni e risultati, anche se a caro prezzo economico e lavorativo.

La collina sta riprendendo le fattezze di un tempo, grazie alla fatica, alla conoscenza ed anche agli strumenti attuali. È un colpo d'occhio stupendo guardando dal Santuario della Bastia la collina del Minceto, vignata e coltivata come ai primi anni del Novecento. E si sono superate anche tutte quelle difficoltà, facilmente comprensibili con la lettura della ricerca su esposta. Non è stato facile infatti mettere insieme i terreni. Si è dovuto lavorare parecchio e spendere ancor più per atti notarili ed acquisti, al fine di dare unità ai piccoli appezzamenti esistenti.

La natura calcarea del terreno giustificava tutto il lavoro che si faceva, in quanto è su queste tipologie di terreno che la vite trae il massimo vantaggio. Ora si deve lavorare sulle istituzioni per giungere a quei riconoscimenti di indicazione geografica (IGT) che debbono discendere oltre che dall'attività di oggi dal riconoscimento dei contenuti documentati di un tempo.

Naturalmente si è dovuto procedere ad una regimentazione delle acque. Infatti i vecchi ruscelli erano completamente spariti, per cui si sono dovuti ricostituire i vecchi argini, costruendo anche ex novo, con le pietre recuperate dalla lavorazione dei terreni, i riçeu (rissö́, v. grafia) al fine di fermare l'erosione dell'acqua.

Oggi anche i bambini delle scuole elementari hanno colto questo cambiamento, visitando le vigne e scoprendo attività e prodotti che credevano spariti. Ed a questi prodotti se ne aggiungono di nuovi: infatti germoglia a pieno campo lo zafferano, di cui solo quest'anno sono stati prodotti 6 grammi! Quantità esigua ma di ottima qualità e resa. Con una fioritura che da sola merita i sacrifici che richiede, certo per chi come me ci crede fino in fondo.

Gianfranco Antoniali

 

 


La nuova vita agricola di Minceto = (Dove comincia l'Appennino) / redazione ; © autori — <https://www.appennino4p.it/minceto.htm> : 2009.03 -