Dove comincia l'Appennino

Se non han fatto del male


Nito al Bucalon nel
settembre 2004 / CG, FP 1 ottobre 2005  

È morto Nito.

Era conosciuto soprattutto perché, nonostante i suoi 98 anni, abitava ostinatamente da solo nella cascina a metà strada sulla mulattiera che collega Bogli ad Artana, in val Boreca. Un bellissimo posto, segnato sulle carte come "cascina Borgonovo" ma in realtà chiamato dalla gente u Bucalon.

Nonostante le insistenze dei familiari, Nito si è sempre rifiutato di scendere a vivere con loro a Genova, e ha passato ancora al Bucalon l'inverno scorso. Molti e ben noti sono gli aneddoti sulle sue incredibili peripezie recenti: da quando andò da Bogli a Genova da solo per i monti a bordo del suo motocoltivatore, a quando inseguì a fucilate dei truffatori su per il bosco, a quando ha rischiato di rimanere intrappolato nella neve alta sulla mulattiera...

Eravamo stati a trovarlo l'anno scorso insieme a Fabio Paveto, trovandolo vitale e lucido, a suo modo ospitale. Lui stesso ci ha raccontato vari periodi della sua lunga vita.

l'atto di battesimo di Nito, conservato nell'archivio parrocchiale di Bogli / CG, FP Marziano Rossi (un nome di battesimo tradizionale della zona: a san Marziano sono intitolate varie chiese nella diocesi di Tortona) era nato il 3 marzo 1907. Si sposò ed ebbe due figli. Dopo aver lavorato come ciabattino a Genova, dopo la guerra tornò a stare a Pontestrambo, nei pressi di Bedonia. Fu poi ancora a Genova attorno al 1952, dalle parti di corso Sardegna, ma dovette smettere il lavoro quando molte concerie furono chiuse, pare dapprima per un ordine governativo e poi per la mancanza di vacche dalla pelle adatta alla lavorazione, in seguito all'introduzione delle nuove razze (una dinamica economica, connessa al commercio di bestiame e alle macellerie, sulla quale Nito ragionava a lungo con passione). Fece allora per qualche anno il manovale lavorando con la calcina, ma la rendita era scarsa: così decise di tornare alla sua casa del Bucalon.

Questa nel frattempo nel 1943 era stata occupata dai partigiani attivi sui monti delle Quattro Province, che vi avevano depositato mitragliatori, moschetti e bombe a mano. 20 fascisti erano stati uccisi verso le rocce sopra Bogli. La gente del posto non sapeva neppure cosa fossero i partigiani, e secondo Nito "di buono non ce n'era da nessuna parte": ad ogni modo, "se non han fatto del male possono essere di che tendenza vogliono...". Una grandinata serale provocò anche la caduta di due aerei inglesi da queste parti e di un terzo a Casa del Romano. Intanto una squadra di fascisti, saputo della presenza dei partigiani, era venuta ad attaccarli; dal conflitto a fuoco uscirono dei feriti. Intervennero poi i carabinieri di Ottone, avvisati da qualcuno con un biglietto. Infine tutti se ne andarono lasciando la casa di legno e un baraccone di fieno bruciati e rovinati anche dall'esplosione di bombe dall'interno.

Ripreso possesso della sua casa risistemata, Nito vi ha trascorso la sua lunga vecchiaia: attorno ai settant'anni in seguito a malanni interni era stato dato per spacciato e aveva chiesto alla famiglia di poter finire i suoi giorni al Bucalon... Ma la sua tempra inossidabile ha voluto diversamente: per molto tempo ancora i suoi compagni sono stati l'orto, i ghiri, le formiche, i daini... anche se ora non si vedevano più certi uccelletti di una volta che "mangiavano ognuno la mosca del suo colore".

Claudio Gnoli


O anche quando è caduto dal motocoltivatore, la ruota posteriore gli è passata sul costato, gli ha rotto qualche costola e l'ha detto ai figli solo dopo un po', rifiutandosi di andare all'ospedale, o qualcosa del genere!

Paolo Rolandi


Sono curioso di vite altrui. Sovente le persone ordinarie (quelle che non ammazzano qualche decina di persone almeno) non sopravvivono se non nei nostri ricordi. E finché ci siamo... poi si scompare dalla storia. Poche parole per una vita, mi fa sempre riflettere il fatto che a distanza di un po' di tempo le nostre gioie, i nostri amori, i nostri affanni, le nostre preoccupazioni, i chiaroscuri della nostra umanità insomma, si affievoliscono e scompaiono. Mi fa riflettere e mi dà speranza. Passati noi, passato tutto!

Dominique Camino


Ogni tanto incontro una storia che andrebbe raccolta, per essere conservata ma anche, magari, che so, per essere ripresa, divulgata, elaborata, diffusa per mezzo di racconto, teatro, semplice narrazione, trasmissione. Ed è un delitto passare oltre, per andare magari a compiere un atto di vita ordinaria, meccanica, destinata a non lasciare segni.

Pietro Porta


Io non ho conosciuto Nito, ma ho conosciuto e conosco persone che come lui hanno mantenuto e mantengono un'aura che li distingue dagli altri. E nei paesi, soprattutto quelli piccoli in cui le tradizioni contadine sono ancora vive, e fortunatamente ce ne sono ancora anche nelle nostre campagne, ci sono questi personaggi, testardi, che in genere si isolano per continuare a vivere nella loro terra traendo vita dalla stessa. Forse Nito era così, e sicuramente rimarrà nelle memoria di molti, anche nella mia.

Enrica Cresta

Una veduta di Bogli / PF

 


Se non han fatto del male (Dove comincia l'Appennino) / redazione ; © autori - - <https://www.appennino4p.it/nito.htm> : 2005.10 - 2006.01 -