Dove comincia l'Appennino

Il perigordino: una danza perduta?


Tra le suonate conservatesi nel repertorio da piffero, vi sono due perigordini. Fino alla prima metà del Novecento, questi brani erano suonati ad accompagnamento della danza omonima, che oggi apparentemente è scomparsa dal territorio delle Quattro Province.

Al pari di molte altre danze (furlana, bergamasco, monferrina...), il nome del perigordino ha un'origine geografica, anche se non necessariamente i legami con le presunte terre d'origine sono  mantenuti negli usi più recenti: oggi per esempio si balla "alla monferrina" non in Monferrato, bensì nelle Quattro Province. Nel caso del perigordino, l'insolita lontananza della regione corrispondente fa comunque pensare che sia stato effettivamente introdotto nell'Appennino ligure attraverso contatti tra la popolazione locale e persone provenienti dalla Francia, ad esempio durante l'epoca napoleonica. Il Périgord, infatti, è una regione della Francia sud-occidentale, nelle vicinanze di Bordeaux, il cui nome è a sua volta connesso a quello del capoluogo, Périgueux.

Attualmente, la forma originaria ballata nel Périgord sembra scomparsa. Ma nel frattempo, seguendo i movimenti delle genti, si è diffusa in varie regioni francesi e man mano modificata. Fra le molte danze bretoni esiste una périgourdine [audio MIDI], con coreografia a quattro su un passo di avant-2, non molto dissimile da quello di sautière e maraîchine, geograficamente vicine al Périgord.

Avvicinandoci all'Italia, sappiamo che una périgourdine era ballata anche in Provenza già prima della Rivoluzione francese [Henri Dubled, La danse à Carpentras et dans le Comtat, in Rencontres 71: nov-déc 1967]. La tradizione di Breglio in valle Roia, nell'entroterra di Ventimiglia (oggi Breil-sur-Roya, in territorio francese), suonata con ottavino e tamburo, annovera in effetti una perigourdina, che Maurandi confronta con una pregordine provenzale del 18' secolo. Non è chiaro se sia affine a queste la courante périgourdine descritta in un testo francese con queste parole: "I ballerini si seguono a gruppi di due. Il ragazzo, invitata una ragazza, la prende per mano. Entrambi alzano le braccia, formando una volta sotto cui passano uno dopo l'altro ballerini e ballerine. Quindi saltano e battono le mani in modo cadenzato."

Si può quindi supporre che il perigordino ligure sia in qualche modo derivato da tali danze, rielaborate in forme locali e inserite anche nella tradizione delle feste animate da piffero e musa. Piersantelli [Journal of the International folk music council. 2: 1950. p 19-22] lo cita infatti come "una danza dei pescatori, che viene dal perondino toscano e dalla périgourdine provenzale; tuttavia non può essere considerata una danza puramente locale [genovese]". I genovesi emigrati in Argentina la portarono con sé nel quartiere Boca di Buenos Aires, dove diede anche il nome a un tipo di sala da ballo, il peringundín.

Nell'entroterra ligure doveva essere ancora diffuso fra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento, perché nelle alte valli Scrivia, Trebbia e Borbera (es. a Casalbusone) sono testimoniate diverse varianti dialettizzate del termine: perigurdin, o peligurdin per il comune scambio di r e l, poi balligurdin per deformazione e assimilazione al termine ballo, dimostrando che la coscienza dell'origine francese è ormai scomparsa.

Purtroppo le descrizioni delle forme della danza risultano vaghe e contraddittorie, in quanto provenienti da testimoni che non la praticano da tempo; peraltro non è da escludere che siano esistite varianti diverse nelle diverse zone, come è normale che avvenga nelle danze popolari: ogni comunità di paese, proprio perché le sente come vive e non come entità esterne da riprodurre, le adatta agli usi propri.

Scarsellini riporta un testimone di Neirone, in alta Fontanabuona, che parla di uno o due "accosti" (avvicinamenti) tra i ballerini, durante i quali questi si toccano con la pancia; nonché uno di Davagna in val Bisagno e uno di Connio in val Borbera, che lo descrivono come ballato da due file contrapposte, una di uomini e una di donne, incrociandosi le quali si potevano formare delle coppie che continuavano poi a ballare insieme: poteva quindi assumere significati di corteggiamento, il che spiega il detto riferito maliziosamente a un ragazzo e una ragazza che sembravano avviarsi verso un fidanzamento: "hanno già fatto tre o quattro perigordini: allora ci siamo...". Diverse descrizioni sono accomunate dal movimento di una donna che passa sotto il braccio di un uomo che la tiene per mano, che ricorda anche la courante périgourdine; ciò potrebbe corrispondere alla descrizione di Davagna, nella fase in cui "un uomo andava verso una donna, ma lei lo poteva evitare, se si incontravano si passavano sotto il braccio e poi facevano i passi saltati".

Con lo spostamento dell'area centrale del piffero verso le alte valli Curone (Bruggi) e Staffora (Cegni), i suonatori hanno conservato la musica del perigordino nel loro repertorio, mentre però la danza andava scomparendo. A Cegni si conserva una filastrocca a ritmo di perigordino, usata per aiutare a memorizzarne la melodia, che potrebbe essere stata trasmessa da Giacomo ed Ernesto Sala attraverso i loro frequenti contatti con l'entroterra genovese:

La galina e 'l galétto sun passai da Montebrün,
sun rivai a Sant'Ubertu e nun àn truvó nisciün!

In effetti i luoghi citati nella filastrocca sono assai distanti da Cegni, ed entrambi ubicati nella zona di Torriglia, dove le danze da piffero erano diffuse fino ai primi del Novecento: Montebruno è fra i principali centri di fondovalle lungo il primo tratto del Trebbia, e Sant'Alberto (in passato chiamato anche Sant'Oberto) è un borgo ai piedi di una grossa cappella posta proprio sul crinale fra val Bisagno e val Fontanabuona, che rappresentava un fondamentale punto di passaggio nelle mulattiere che collegavano il Genovesato con le valli Scrivia e Trebbia, in corrispondenza dell'attuale galleria di Bargagli.

A Cegni, una traccia di perigordino ballato è stata conservata da Andrea Sala "Driotu" con il suo gruppo folkloristico di ballerini, che tuttora la eseguono esibendosi in costume: viene realizzata a coppia fissa, con la donna che gira su sé stessa sotto il proprio braccio alzato tenuto in alto dalla mano dell'uomo, elemento affine alla forma che abbiamo descritto.

Le tracce più interessanti del perigordino danzato si trovano a Connio di Carrega, in alta val Borbera. La comunità locale, che ha mantenuto un forte legame con le feste da ballo tradizionali, lo ricorda infatti come praticato fino a tempi recenti. Occasionalmente, alcuni ballerini esperti vi si cimentano ancora, pur dichiarando di non ricordarne bene le modalità più corrette. Il filmato qui visibile è probabilmente la traccia più precisa almeno della variante danzata al Connio nel Novecento. È stato ripreso nel 1988 da Silvano Bozzini, durante il giro del paese con i suonatori Fabrizio Ferrari (piffero) ed Elio Buscaglia (fisarmonica), che si trovano sulla sinistra. Vede impegnati due terzetti di ballerini esperti del paese: di fronte, da sinistra a destra, Maria Caterina Guerrini, Gigi Guerrini e Maria Guerrini; di spalle, da sinistra a destra: Maria Emilia Pisotti, Dino Guerrini ed Anna Bozzini.

I due gruppi si fronteggiano, e seguendo le strofe della musica si avvicinano con passi cadenzati a gambe larghe, si abbassano verso terra quasi accucciandosi, si riallontanano camminando all'indietro con la gamba destra mantenuta un po' protesa in avanti, quindi si incrociano facendo passare a turno le due donne sotto il braccio alzato dell'uomo, e poi ricominciano la sequenza.

Aldo Bozzini e Lina Ballestrasse del Connio ricordano che in precedenza i due terzetti contrapposti erano invece formati uno di soli uomini e uno di sole donne, che si venivano incontro e si incrociavano, come nelle testimonianze riportate da Scarsellini. Sembra quindi probabile che nel paese sia entrata in uso successivamente una forma nuova, derivata da quella più antica e simile alle versioni di altre località, forse per contaminazione con la giga a due o la monferrina. Infatti, i ballerini del Connio eseguono anche la monferrina a terzetti di un uomo e due donne, con alcuni movimenti affini a quelli del perigordino.

Tenendo presente che le danze popolari, per loro natura, non si conservano mai rigidamente immutate nel tempo e nello spazio, possiamo quindi lasciare aperta la risposta all'interrogativo se il perigordino delle Quattro Province sia oggi definitivamente scomparso. Di fatto, l'interesse per questa danza non sembra essere cessato almeno in qualche comunità, a cui appartengono anche ballerini giovanissimi...

Claudio Gnoli
con la collaborazione di Valentina Bozzini, Danielle Patoiseau
e dell'Associazione sportiva e ricreativa di Connio

 


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