Dove comincia l'Appennino

Velleia romana


La frazione di Velleia si trova nel comune di Lugagnano Val d'Arda, in provincia di Piacenza, a 460 m s.l.m. Nei pressi della duecentesca plebana di Sant'Antonino Martire, è l'importante area degli scavi che hanno riportato alla luce i resti della città romana. Nonostante la posizione relativamente decentrata rispetto agli assi viari principali, a Veleia faceva capo un vasto territorio collinare e montano, che si stendeva tra i bacini del Taro e della Trebbia.

Non sono molte, nelle fonti classiche, le notizie sulla città, le cui vicende storiche possono essere desunte per lo più sulla base dei ritrovamenti archeologici. L'unica citazione diretta porta la firma di Plinio il Vecchio: "citra Placentiam in collibus oppidum est Veleiatium" (sulle colline da questo lato di Piacenza vi è la città dei Veleiati, Naturalis historia VII, 163). L'informazione, indiretta, è fondamentale perchè ci permette di riconoscere Veleia come un insediamento di origine ligure; il popolo dei Veleiates infatti era stanziato nelle valli a cavallo tra Appennino piacentino e parmense e, secondo quanto riportato da Plinio, la fondazione stessa della città si dovette ai Veleiates medesimi. Il ritrovamento, nelle vicinanze, di un sepolcro a cremazione della seconda Età del Ferro, testimonia la frequentazione dell'area in epoca protostorica.

Piacenza venne fondata come colonia romana di diritto latino nel 218 a.C.; lo sviluppo dell'area conobbe una pesante battuta d'arresto con la subitanea invasione della pianura padana da parte di Annibale. La colonizzazione romana del territorio cispadano non potè che avvenire solo dopo la fine della Seconda Guerra Punica (202 a.C.), mentre la fondazione di Velleia dovette necessariamente attendere la definitiva sottomissione dei Veleiates (158 a.C.). Velleia divenne colonia latina nell'89 a.C. e poi municipio nel 49 a.C., ascritto alla tribus Galeria.

Si ritiene che l'importanza di Velleia, data la distanza dalle vie commerciali, fosse dovuta all'abbondanza di acque termali; la città romana sorge su una serie di terrazzamenti artificiali, mentre l'area forense evidenzia un imponente sbancamento. Lo sviluppo urbano fu graduale e interessò cinque fasi, la più recente databile al II secolo. In seguito, probabilmente a causa di una serie di frane, la città iniziò a decadere fino ad essere definitivamente abbandonata: il ritrovamento di monete di epoca tardo-imperiale attesta la frequentazione del sito fino a, ma non oltre, il V secolo.

In età medievale Velleia romana scomparve dalle mappe, tanto che a livello locale il toponimo venne sostituito da quello di Macinesso. Fu proprio l'arciprete di Macinesso, don Giuseppe Rapaccioli, a requisire, nel 1747, alcuni elementi bronzei che erano stati rinvenuti casualmente durante i lavori di sistemazione di un campo agricolo. Il religioso, tuttavia, non riconobbe l'importanza del ritrovamento e vendette il tutto ad una fonderia. I reperti, che erano sul punto di andare perduti per sempre, furono però notati da due nobili piacentini, Giovanni Roncovieri e Antonio Costa, che si affrettarono ad acquistarli insieme a tutti gli altri frammenti che fu possibile estrarre dal sottosuolo.

La scoperta si rivelò di fondamentale rilevanza: si trattava infatti dell'epigrafe romana delle maggiori dimensioni tra tutte quelle mai rinvenute, alla quale venne dato il nome di Tabula alimentaria traianea. Sulla grande lastra di bronzo (1,38 x 2,86 m) era incisa un'ordinanza dell'imperatore Traiano (98-117 d.C.) riportante una serie di prestiti ipotecari concessi ad altrettanti proprietari terrieri, i cui interessi erano devoluti al mantenimento di giovani indigenti. Il testo illustra un vivido spaccato della situazione agraria di un'ampia fetta di territorio piacentino tra la fine del I e l'inizio del II secolo, permettendo un raffronto diretto fra i toponimi storici e quelli attuali. In particolare, vengono elencati 16 pagi, unità amministrative al cui interno si trovano i vici, cioè gli insediamenti agricoli e i centri abitati, con i nomi dei rispettivi proprietari.

La scoperta della Tabula diede impulso ad una intensa stagione di ricerca storica e archeologica, promossa personalmente dal duca di Parma e Piacenza Filippo I di Borbone, che nel 1760 sulla scia del ritrovamento aveva inaugurato il Ducale museo d'antichità (oggi Museo archeologico nazionale di Parma). Successive campagne di scavi portarono alla luce numerosi edifici della città romana; le strutture più significative corrispondono al foro, che era circondato su tre lati da un colonnato sul quale si affacciavano diverse botteghe, originariamente dotate di riscaldamento. Ad un livello inferiore si trova la basilica, a navata singola, dove sono state rinvenute dodici statue celebrative di membri della famiglia Giulio-Claudia; a monte sono presenti alcune residenze private e le terme.

Oltre alla Tabula alimentaria, nel 1760 si rinvenne una seconda epigrafe bronzea, che riproduceva il testo della Lex Rubria de Gallia Cisalpina, ovvero il provvedimento di legge mediante il quale, per iniziativa di Gaio Giulio Cesare, veniva concessa e normata la cittadinanza romana agli abitanti della Gallia Cisalpina. In virtù di questo ritrovamento, si deduce che gli abitanti di Velleia abbiano beneficiato di questa disposizione, divenendo quindi cittadini romani a pieno titolo nel 49 a.C., anno in cui fu promulgata la legge.

Nel XIX secolo, il governo ducale finanziò la costruzione, presso il sito archeologico stesso, di una palazzina denominata "della Direzione Scavi", destinata ad ospitare anche l'Antiquarium, ovvero un piccolo museo dove è stata raccolta gran parte dei reperti rinvenuti in loco, per lo più monete e iscrizioni. Da notare che i manufatti più significativi (tra i quali la Tabula alimentaria, la Lex Rubria, le statue della famiglia Giulio-Claudia e altre opere scultoree in marmo e in bronzo) sono attualmente conservati in altri musei, per lo più a Parma, Pavia e Roma, pertanto l'Antiquarium espone copie a grandezza naturale.

Giacomo Turco

Bibliografia

Passeggiate archeologiche piacentine: da Piacenza a Velleia, Diabasis, 2004

Fabrizio Capecchi, Fra Trebbia, Aveto e Taro, Croma, Pavia 1993

Istituto per i beni artistici culturali e naturali della Regione Emilia Romana, Regio VIII: luoghi, uomini, percorsi dell'Età Romana in Emilia Romagna, a cura di Fiamma Lenzi, Aspasia, 2006

P. Barbieri, Roma contro i Liguri: la guerra infinita, Luna, 2011

G. F. Scognamiglio - G. Macellari, Valdarda e Valchero: guida antologica, a cura della Camera di commercio di Piacenza, Stabilimento tipografico piacentino, 1975

A. Boccia.Viaggio ai monti di Parma (1804), ed. Palatina, 1989

 


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