«Il monte Àntola [...] si presenta come un nodo orografico di primaria importanza. Difatti dall'Antola partono le catene che racchiudono le valli Scrivia, Trebbia, e Borbera, percorse dai torrenti omonimi. L'Antola è dunque la vetta emergente ed è montagna carissima agli abitanti della valle. I suoi pascoli verdissimi, riquadrati dalle macchie della faggeta, hanno fornito per secoli il foraggio alle mandrie dei centri rurali costruiti sulle sue pendici. Dall'esigenza di fornire ai pastori i servizi indispensabili per i mesi estivi, durante i quali si praticavano il pascolo e la raccolta del fieno, il territorio antolino è stato attrezzato con fontane e abbeveratoi, fienili e case per l'alpeggio: i "casoni", nei quali la famiglia contadina si trasferiva per accudire al bestiame e ai prodotti della stalla.»
Semu partii da Zena
pe anàssene a San Pè,
semu arrivè inscé
l'Àntua
nujatri casunè.
[R:]
Casunè, casunè cantemu,
cantemu inscé l'erbetta,
sentì che
bel'ajetta
che a ne rinfresca u cö!
E u munte d'Àntua
cumu l'e ertu:
u pa un desertu
pe nujatri
casunè...
canto raccolto ad Alpe di Vobbia dal Gruppo di ricerca popolare
in Balla ghidan, Voxi de Zena-Orange studio, ~2000
«La tradizione indicava in alcune piante reperibili sul monte Antola il rimedio a molti mali. Con infusi di arnica si sanavano le ferite lente a rimarginarsi; [con] le radici di un fiore velenoso come l'aconito, oggi destinato a scomparire, in quanto predilige i terreni fortemente azotati dalle concimazioni organiche del bestiame, si curava il morso delle vipere. I rametti del maggiociondolo, altra pianta velenosa e bellissima, che all'inizio dell'estate porta una festosa nota di colore sulla montagna, venivano piantati negli orti per allontanare i topi e le talpe. Infusi di genziana erano rimedio ai disturbi della digestione; una ricca fioritura di origano consentiva di rendere un poco più gustosi i poverissimi cibi che costituivano la base dell'alimentazione contadina nei tempi passati.
Non solo per tutte queste ragioni l'Antola è montagna "sacra" per le popolazioni locali. Sulle sue pendici si è sviluppata una vera e propria "cultura della montagna" che faceva capo allo storico rifugio Musante, oggi abbandonato e in condizioni di totale degrado. Era l'osteria dove si rifocillavano i contadini che emigravano stagionalmente verso le terre più fertili del Piemonte e della Lombardia»; tre di essi, che al termine della stagione stavano tornando al loro paese di Caprile, quando avevano ormai raggiunto il crinale giusto sopra il loro paese, furono sorpresi da una tormenta e morirono lì assiderati: li ricordano tre croci in legno che si incontrano lungo il sentiero tra le Capanne di Carrega e l'Antola, dalle quali ha probabilmente preso il nome anche la cima delle Tre Croci.
«Dopo la scoperta del turismo, il monte Antola è stato il punto di riferimento per escursioni a dorso di mulo e a piedi, per vedere dall'alto della vetta i famosi "tre salti del sole" sull'orizzonte, al momento dell'alba. In occasione dell'annuale festa di San Pietro, l'osteria dei Musante diventava luogo di aggregazione (si ballava sull'aia al suono di fisarmoniche) e qui i gitanti di inizio estate consumavano i loro pasti. Durante la guerra di liberazione, infine, nello storico rifugio si costituirono le prime formazioni partigiane che operarono nella zona. Nonostante il rapido cambiamento dei costumi e delle abitudini, tutti questi ricordi sono ancora oggi ben radicati nell'animo degli abitanti.»
da Valle Scrivia, a cura di Giovanni Meriana, SAGEP, Genova 1989
L'Antola: cuore delle Quattro Province = (Dove comincia l'Appennino) / redazione ; © autori – <https://www.appennino4p.it/antola.htm> : 2004.01 - 2009.03 -