Dove comincia l'Appennino

Che importa delle tradizioni?

"Ogni volta che mi trovo a guidare per l'Appennino
e minaccia un temporale io ti sento qui vicino
[...] Gli anni passano veloci, tutto cambia troppo in fretta
ma ricordo con dolcezza quando ti tenevo stretta"
 
(La coperta indiana / Luigi Grechi)

monferrina : Ferrazza : 2002 / MV Nella nostra epoca di tecnologie avanzate e di globalizzazione, dedicarsi alle tradizioni di un territorio può sembrare una scelta strana, e magari perdente. A chi può importare come si chiamava il pifferaio di Piancereto, da chi imparò e a chi insegnò, se oggi il mondo balla ad altri ritmi? Non si tratta forse di un atteggiamento di chiusura provinciale (o nel nostro caso... tetraprovinciale), di un rifugiarsi in cantucci marginali invece di aprirsi all'inevitabile evoluzione delle cose?

Le parole della canzone citata sopra sembrano molto semplici, ma dopo averle ascoltate molte volte mi hanno suggerito una risposta. "Tutto cambia troppo in fretta"... Non si tratta, in effetti, di negare che il mondo cambia, né di apprezzare gli aspetti positivi del cambiamento -- in fin dei conti, la vita dei nostri bisnonni nelle povere case contadine, con i lunghi inverni passati al buio a barbellare dal freddo campando di castagne, non era sempre così idilliaca. Il mondo e le civiltà umane cambiano inevitabilmente, è nella loro natura, ed è più saggio imparare ad adeguarci al mondo, che illuderci di bloccarlo secondo il nostro volere. Ma la questione è nelle modalità, nel ritmo dei cambiamenti.

Una trasformazione brusca e radicale del nostro modo di vivere ci toglie la terra da sotto i piedi, ci impone di ricominciare tutto daccapo, senza più avere radici. Se nel mio paese, in un incrocio che vedo uguale da trent'anni, viene installato un semaforo, la novità mi colpisce, ma posso accettarla constatando che è utile; ma se tutta la valle è improvvisamente stravolta da viadotti autostradali, il cambiamento è molto più difficile da accettare. Chi vive oggi nelle grandi città da un paio di generazioni sente il bisogno di riscoprire le importanti sensazioni di appartenenza che il legame con un territorio può dare. Eppure fa parte del nostro istinto legarci a qualcosa di familiare, e possibilmente di solido e duraturo, tanto che se non abbiamo la possibilità di affezionarci a un panorama collinare o a un gruppo di vecchie case, siamo disposti ad affezionarci anche a un grigio canale di periferia o a un cinema, basta che possiamo associarlo al nostro passato. Per questo un territorio i cui paesaggi e le cui usanze risalgono molto indietro nel tempo, senza troppe soluzioni di continuità, è una grande ricchezza, che vale la pena di apprezzare e di conoscere.

"Pochi metterebbero in discussione il fatto che viviamo in una cultura in cui si percepisce acutamente la mancanza di comunità, di connessione. Per molti di noi che vi abitano, non c'è un senso del posto. Molti vanno alla ricerca di un rinnovato senso del posto. [...] Per me, un senso del posto è la sensazione di affondare le mie radici nel terreno. Di sviluppare i miei rami verso le stelle. Quando sono al mio posto, sento pienamente la pace che abita dentro di me."

(A sense of place realized / Kathryn La Barre)

Il nostro discorso si può esemplificare molto bene in uno degli elementi più caratteristici delle Quattro Province: la musica. Anche la musica per sua natura si è sempre evoluta, per effetto del contatto con nuovi mondi, per la diffusione di nuovi strumenti, per la variazione del contesto culturale in cui viene suonata. Il piffero e la fisarmonica, che oggi ci sembrano decisamente un'espressione proveniente dal passato, meno di cent'anni fa non suonavano affatto insieme: il piffero andava invece con la müsa, un abbinamento che all'orecchio di oggi risulterebbe quasi assordante... Fu la genialità di Jacmon a capire che quello strumento più di moda poteva accompagnarsi opportunamente al piffero, adattando tutto il vecchio repertorio alla nuova accoppiata, in modo tale che questo si aggiornò e continuò ad essere trasmesso, invece di rischiare prima o poi di andare perso. Egli dunque seppe innovare al momento giusto e nel modo giusto.

lavorando il granoturco in compagnia; la figura del fisarmonicista è ispirata a Giovanni Traverso "u Bann-a" (presepe di Pentema) / RB Anche oggi, i pezzi tradizionali per piffero e fisarmonica vengono miscelati dai gruppi di folk revival con sonorità e arrangiamenti più moderni, o addirittura combinati con generi molto lontani, quali il jazz ("Epinfrai") o il rock ("Cultura zero"). Non sarebbe giusto negare ai musicisti il diritto alla sperimentazione e all'innovazione, poiché l'arte e il divertimento devono svilupparsi nella libertà. Tuttavia, si tratta sempre di trovare forme e modi opportuni. E di chiarire il senso di ciascun progetto ai suoi fruitori, dando loro la possibilità di capire come si colloca, che cosa deriva dal passato e che cosa è aggiunto. Una registrazione di Eva Tagliani che esegue un canto tradizionale, probabilmente non la sceglieremo come sottofondo mentre prepariamo da mangiare... ma ascoltarla almeno una volta è molto istruttivo. Occorre quindi che, mentre si continua a camminare, si mantenga un forte legame, una continuità con il percorso fatto.

Un discorso parallelo si può fare per l'economia del territorio. È chiaro che oggi i movimenti di persone e di cose sono mutati, rispetto a quando i crinali delle Quattro Province erano itinerari strategici per i mulattieri con i loro carichi di sale e acciughe. Ci si preoccupa quindi di trovare dei modi per valorizzare il territorio, permettendo che vi arrivi qualche fonte di ricchezza, cosicché esso non venga abbandonato e dimenticato. Occorre però fare attenzione alla natura di queste "valorizzazioni". Al cittadino stressato le Quattro Province, come altre aree risparmiate dall'urbanizzazione, possono certo offrire scorci suggestivi e giornate rilassanti. Tuttavia, un'impostazione esclusivamente turistica rischia di relegare il territorio a una risorsa da sfruttare in funzione della vita cittadina, il cui cuore pulsa altrove. In fin dei conti, per un turista che cerca svago fa poca differenza passare un fine-settimana nelle Quattro Province piuttosto che in Garfagnana o nelle Orobie. Per quanto possa trovarsi bene, non avrà particolari motivi per restare nel futuro legato a questa terra invece che ad altre. Occorrerebbe quindi che le funzioni turistico-ricreative non fossero slegate dall'anima del territorio e dei suoi abitanti, e che lo sviluppo economico non avesse la forma di uno sfruttamento, ma coinvolgesse chi è originario dei luoghi, e offrisse a chi vuole (locali o nuovi frequentatori) delle opportunità per viverci, portando così avanti autenticamente la cultura e lo spirito dei posti.

Dunque, interessarsi della tradizione non significa rifiutare la modernità, ponendola in contrasto con la presunta purezza dell'antico; bensì conoscere ricchezze e saggezze che rischiamo di dimenticarci troppo rapidamente, per trovare forme più sane ed equilibrate con le quali pensare l'oggi e il domani.

Claudio Gnoli in sintonia con
Lucia Scurati, Stefano Valla, Daniele Vitali
e molti altri


Che importa delle tradizioni? (Dove comincia l'Appennino) / redazione ; © autori -- <https://www.appennino4p.it/cheimporta.htm> : 2004.03 - 2005.09 -