Il pane è tradizionalmente cotto in grosse forme pesanti e sostanziose, destinate ad essere affettate e durare diversi giorni. Nei vecchi villaggi i forni si aprono spesso direttamente all'esterno sulle aie, utilizzati a beneficio dell'intera comunità. A Nivione (valle Staffora) in giugno si svolge una piccola ma sentita sagra dedicata a tale casereccio. Insieme al pane vengono cotte focaccette sottili e croccanti: le prime che vengono cotte servono anche a verificare le condizioni del forno, e risultando spesso bruciacchiate sono dette brüsadele: sono oggetto di una specifica sagra a Romagnese (val Tidone). In varie località si fanno anche focacce dolci.
Le schitte (anche "squicce" in bassa val Curone) sono semplici frittelle piatte cotte in padella, accompagnabili con diversi ingredienti quali mele o marmellata; si fanno per esempio a Cegni (valle Staffora) durante il Carnevale. Frittelle più spesse di varie forme sono dette farsö` in bassa val Curone o frisciö` nelle valli genovesi, dove possono contenere erbe aromatiche.
Focacce e torte salate ingegnosamente realizzate con ingredienti semplici, come patate, verdura, latte fanno parte della tradizionale cucina povera delle alte valli: a Cosola (val Borbera) se ne possono assaggiare svariate in occasione della Festa delle focacce. La baciocca è una torta di patate con lardo, cipolle, formaggio e prezzemolo usata in val d'Aveto e nelle valli confinanti (Graveglia, Taro). Un panettone casalingo della val d'Aveto è chiamato a figâssa du levâu.
Con una semplice pastella di farina di ceci cotta in forno in uno strato molto sottile si fa la farinata (fainà), classico piatto genovese diffuso anche nell'entroterra; in bassa val Curone è chiamata popolarmente "la bella calda" (mentre in Toscana è nota come "cecina"). Molto diffusa era naturalmente anche la polenta di granoturco.
I ravioli sono un piatto molto diffuso nelle occasioni festive: nelle valli settentrionali sono tipicamente di carne con sugo di carne (es. brasato) senza pomodoro, mentre nella cucina ligure sono frequenti i ripieni di formaggio e verdura e si distinguono i pansotti di forma più grossa e piatta. Col sugo di lepre sono conditi i maccheroncini alla bobbiese, di forma allungata ottenuta avvolgendo l'impasto intorno a un ferro da calza.
Pasta e riso si uniscono spesso con fagioli, ceci, pancetta e cotiche a formare piatti sostanziosi e poveri: così i piacentini pissarei e fazö` (gnocchetti), specialità dell'albergo di Capanne di Cosola, e la panissa, risotto ricco e denso importato dai lavoratori stagionali nelle risaie del novarese e vercellese (là è chiamato "paniscia"), a cui è dedicata la sagra di Lunassi (val Curone) la prima domenica di settembre. Legumi e avanzi di salumi e carne si mettono anche nel brö d'Carvò (brodo di carnevale), tuttora cucinato ogni anno a Caldirola (val Curone).
L'aià è un sugo a base di aglio e noci, usato a Tortona specialmente a Natale per condire certe lasagne dette "fasce del bambin Gesù".
Notissima è la qualità del salame di Varzi e della zona circostante, a grana grossa, ben stagionato e molto saporito; la sua produzione, a partire dall'uccisione del maiale, è un evento che riveste tuttora una certa importanza per la gente del posto. Un tipo diverso e più fine di Salame, tradizionalmente accompagnato con le fave, era la specialità di Sant'Olcese in val Polcevera.
Specialmente nell'Oltrepò piacentino è forte la tradizione di qualità di coppa e pancetta.
Tra i vari formaggi prodotti è particolarmente degno di nota il montébore, che prende il nome di un piccolo paese a cavallo tra val Borbera e val Grue, la cui ricetta è stata recuperata in anni recenti da un'anziana signora di Calvadi ad opera dei gestori dell'agriturismo Vallenostra di Sìsola. A Roccaforte Ligure si produce una robiola di latte di capra crudo. Nella zona di Menconico si produce il nisso, un formaggio molto forte contenente larve vive. Caseifici della valle Staffora commercializzano la stafforella, in piccole forme semi-morbide che si consumano anche stagionate. Pregiato il san Ste di Santo Stefano d'Aveto, paese circondato da ricchi pascoli.
Le patate hanno costituito un'importante risorsa nell'agricoltura povera di montagna: ad esempio fu introdotta nel 1786 a Roccatagliata, in val Fontanabuona, da don Michele Dondero nonostante la diffidenza della popolazione locale, ma costuì presto un bene prezioso in occasione di una successiva carestia; erano diffuse anche nella montagna pavese e alessandrina, in varietà locali come la quarantina, recentemente valorizzata da un apposito consorzio e da una festa a Cosola, e la casellina; una sagra della patata si tiene anche a Brallo di Pregola, a cavallo tra le valli Staffora e Trebbia. In val Borbera si è conservata anche una pregevole varietà di fagiolane.
I funghi sono oggetto di ricerca degli appassionati, e abbondano soprattutto nei lussureggianti boschi delle valli Trebbia e Aveto. A San Sebastiano Curone una sagra è dedicata anche ai tartufi sia neri che bianchi, presenti nelle vicinanze.
Molte erbe aromatiche si raccoglievano nei prati di montagna, specialmente sulle pendici dell'Antola, e costituiscono parte della sapienza ligure di cucinare piatti saporiti con ingredienti semplicissimi.
Le medie valli Staffora, Curone ecc. offrono buone produzioni di mele, pere, uva e altra frutta; un particolare modo di conservazione delle mele è ricordato a Casalnoceto (bassa val Curone) nella festa dei pum a möi. Garbagna, in val Grue, è specializzata nella coltivazione delle ciliege, come Volpedo, in bassa val Curone, in quelle di fragole e pesche.
Un ruolo fondamentale nella cucina povera di montagna è stato svolto per secoli dalle castagne, il cui albero in Piemonte è significativamente chiamato "la pianta del pane". Accumulate in un apposito vano al primo piano, il secchereccio, venivano seccate, e in parte trasformate in farina.
Altre risorse recuperate dalla raccolta nell'ambiente naturale, occupazione tipica delle donne, erano nocciole e lamponi, da vendere nei mercati delle città per arrotondare le entrate di famiglia.
Tra le molte varietà di biscotti si possono ricordare i brassadé, ciambelline dure poco dolci usate in Oltrepò pavese, e gli ancor più duri brüt e bou tortonesi. Torriglia e Crocefieschi, centri dell'alta valle Scrivia, si contendono la paternità dei canestrelli dalla nota forma di fiore.
Da una pasta di mandorle si ricavano gli amaretti, in genere più morbidi che in altre zone: eccezionali quelli di Gavi (val Lemme) e quelli di Casella e Savignone (alta valle Scrivia).
Novi Ligure è nota per la sua industria del cioccolato di qualità.
L'Oltrepò pavese, l'Oltrepò piacentino e i colli tortonesi sono eccellenti zone di produzione di molti vini, quali bonarda, gutturnio, ortrugo, cortese, pinot ecc. Molto noto il bianco frizzante di Gavi.
Vitigno particolarmente pregiato sia per la bontà che per la rarità (qualcuno lo definisce un "vino fossile" perché recuperato dopo essere quasi scomparso) è il timorasso, un saporito bianco prodotto in val Curone e val Borbera.
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