Il territorio della Liguria è segnato dalla fitta presenza di terrazzamenti artificiali, o fasce. Tale immenso lavoro di domesticazione della montagna copre un'area che sconfina ben oltre i limiti amministrativi attuali, spingendosi fino alle alture rivolte verso la pianura padana: "il terrazzamento ligure si estende, oltre i suoi limiti regionali, nelle Alte Langhe e nell'Appennino piacentino" [Bonardi-Varotto]. Lo scopo principale di questa pratica è, da sempre, quello di ottenere aree pianeggianti da impiegare principalmente a seminativo, mitigando pendenze naturali che renderebbero il lavoro agricolo poco produttivo o eccessivamente faticoso, quando non ne impedirebbero del tutto lo svolgimento.
"L'ampiezza e la capillarità del terrazzamento della regione sono un esempio di risposta alle condizioni morfo-climatiche di un sistema chiamato, per necessità e opportunità storiche, a estendere la propria superficie agricola. L'aspetto geografico alla base di tali condizioni è dato dalla posizione della regione, aperta alle correnti mediterranee, e dalla collocazione del rilievo, elevato, scosceso e a stretto ridosso della costa." [Bonardi-Varotto]
Si tratta, nel complesso, di un'opera ciclopica, che ha profondamente segnato il paesaggio e ne ha permesso, nel corso del tempo, uno sfruttamento metodico e razionale. È difficile stabilire quando il fenomeno abbia avuto inizio; si tratta certamente di una pratica antica: "i terrazzamenti possono essere annoverati tra le prime grandi modifiche compiute dall'uomo sull'ambiente" [Ghersi-Ghiglione].
Sul castellaro di Uscio sono venuti alla luce resti di muretti a secco da fasce risalenti al X secolo a.C.; scavi compiuti presso il sito archeologico di Velleia romana, città di origine ligure nella piacentina val d'Arda, hanno evidenziato come l'insediamento sia stato fondato su terrazzamenti artificiali. La Tavola del Polcevera, un'incisione bronzea datata 117 a. C. e conservata nel Museo civico di archeologia ligure di Genova Pegli, che riporta una sentenza su una causa civile legata a una contestazione confinaria, descrive puntigliosamente una situazione di suddivisione tra fondi pubblici e privati che appare compatibile con una prima, embrionale opera di modifica del territorio.
Per quanto la pratica fosse già in uso in epoca preromana e classica, "da ciò che si può osservare in paesaggi di antichissima colonizzazione come quelli della val Polcevera o della collina trebbiana, sembrerebbe che i coltivatori Liguri e Romani raramente andassero oltre a blande sistemazioni a ciglioni dei versanti più dolci, di regola limitate al settore di mezzacosta dove la quantità di terra a disposizione era maggiore" [Garbarino].
La fase di maggior sviluppo del fenomeno si colloca dunque nei secoli tra il VII e il X: "in documenti dell’alto Medio Evo troviamo la citazione di 'maxere' o 'macerie' per indicare i muri a secco relativi ai terrazzamenti, di evidente derivazione dal latino maceria, ossia muro a secco" [Gisotti]. Ancora: "nell'alto Medioevo la pratica di bonificare i pendii tramite il sistema dei terrazzamenti è stata largamente incentivata" [Langé-Citi], per iniziativa dei grandi enti monastici ai quali fin dall'epoca del Regno longobardo era stato demandato il compito di ricolonizzare le vaste aree spopolate che, nei secoli che seguirono l'età romana, erano state abbandonate o erano cadute in condizione di grave degrado. A titolo esemplificativo, possiamo citare il monastero che San Colombano fondò a Bobbio nell'anno 614. Attraverso conferimenti diretti da parte dei sovrani, prima longobardi e poi carolingi, nonché donazioni di privati e acquisizioni a vario titolo, il patrimonio immobiliare del cenobio trebbiense giunse ad incorporare buona parte delle aree che oggi rientrano nel comprensorio dell'Appennino delle Quattro Province.
Non fu un processo simultaneo e naturalmente non tutti i terrazzamenti oggi esistenti furono realizzati durante il Medioevo. "Nello spazio di poco più che un millennio, l'intera Liguria si ricoprì di questi ripiani agricoli" [Langé-Citi]. Nel corso dei secoli, infatti, l'incremento della popolazione montana rese necessario provvedere alla progressiva estensione dei terrazzamenti: come riportato da Ferrari, già Emilio Sereni rileva un riflusso di popolazioni da Genova verso l'entroterra nel XVI secolo, con relative attività di dissodamento per creare campi e pascoli; ancora, "nell'età moderna questa dinamica accelerò, a causa della necessità di trovare mezzi di sussistenza adatti a fronteggiare una pressione demografica che minacciava la stessa esistenza delle comunità. La diffusione, a partire dal Settecento, delle nuove colture provenienti dall'America, patate e mais soprattutto, ma anche fagioli, zucche e pomodori negli orti, condusse ad un ulteriore ampliamento dei terreni coltivati" [Giardelli].
Ancora Sereni colloca alla fine del XVIII secolo un ampliamento dei terrazzamenti e delle sistemazioni a lunette o a gradoni anche in Liguria "ove il paesaggio caratteristico delle fasce comincia ad affermare il suo predominio non solo sulle riviere, ma anche su vallate che si addentrano nel retroterra, come quella della Polcevera".
A proposito dei terrazzamenti realizzati durante l'età moderna, in val Brevenna (per la precisione presso la cappella della Madonna delle Grazie del Ponte a Senarega) è possibile osservare un documento straordinario, che fa uscire dalle nebbie della storia il nome di un mastro scalpellino locale attivo nel XVIII secolo, costruttore o direttore dei lavori di costruzione di una maceria (da cui il termine dialettale maghée o maxée), ovvero un muro a secco di contenimento. La testimonianza dell'artigiano consta di due conci sbozzati, oggi rimossi dalla loro collocazione originaria: sul primo sono incisi una croce, il monogramma di Cristo (IHS) e un motto biblico, citazione della Lettera di Paolo ai Filippesi ("Nomen supra omne nomen"), sul secondo la firma vera e propria dell'autore dell'opera ("hanc maceriam fecit Franciscus Maria Armaninus 1760"; Armanino è un cognome tuttora diffuso nella valle). Il muro donde furono tratte le due pietre venne demolito negli anni Settanta del XX secolo per lo scavo del tracciato della strada carrozzabile.
"La costruzione di un terrazzamento agricolo avviene a partire dalla liberazione e messa a nudo della roccia viva. Il materiale asportato si deposita alla sommità dell'appezzamento da bonificare e si comincia, dal basso, a costruire il primo muro di contenimento in pietrame senza alcun legante; dopo un iniziale corso di scapoli di pietra, inclinato sensibilmente verso l'interno, si riempie il vuoto creato con il materiale di scarto, il quale viene accuratamente battuto e costipato; così per tutti i corsi successivi fino a raggiungere l'altezza voluta.
L'ultimo strato è formato da terra setacciata e ripulita, che costituisce l'humus vero e proprio e che ha uno spessore variabile dai venticinque ai quaranta centimetri. L'altezza dei muretti a secco varia a seconda della pendenza e dell'ampiezza della superficie che si vuol realizzare" [Langé-Citi].
La qualità e la quantità del lavoro dipendevano dalle condizioni ambientali di partenza: "per insediare coloni nelle zone più selvagge del Tigullio, dell'Aveto e del Trebbia, i monaci dovettero adottare sistemi di bonifica maggiormente laboriosi. Poiché gran parte dei versanti era notevolmente scoscesa, i 'domestici' dovettero essere letteralmente costruiti tramite l'edificazione di muri a secco che contenevano il fondo coltivabile" [Garbarino].
La costruzione delle opere in muratura a secco si accompagna ad un parimenti significativo lavoro di irreggimentazione delle acque, il cui controllo, oltre che essere di beneficio per le colture, si rende necessario per la buona conservazione delle opere medesime: "le parti coltivate hanno sempre una lieve pendenza che, a seconda delle caratteristiche del suolo, è verso valle se il terreno è argilloso, quindi con scarso drenaggio, oppure verso monte se il suolo è sabbioso, con grande velocità di assorbimento. Un efficiente sistema di canali sotterranei, canaline e derivazioni capta ogni corso, sorgente o falda e porta l'acqua alle parcelle coltivate, ma lo stesso sistema garantisce il drenaggio" [Ghersi-Ghiglione].
"Si favorisce l'infiltrazione e si minimizzano la quantità e la velocità dei deflussi superficiali [...]. Di norma, suoli ben lavorati accentuano la capacità anti erosiva del terrazzamento" [Bonardi-Varotto].
La profonda opera di accomodamento del territorio ha lasciato tracce non solo nel paesaggio, ma anche nella toponomastica. Secondo Gaetano Rovereto (1870-1952), professore di geologia e geografia fisica all’Università di Genova, "le denominazioni e i termini in gergo locale sono sopravvissuti fino ai giorni nostri: da fascia nel Genovesato a proxa, proxia nelle zone appenniniche e a maxera a Ponente, oltre Savona. Dove invece, la “fascia” assume forma pianeggiante e diventa estesa viene indicata come ciann-a o campu, con variazioni in diminutivi come ciannetta o ciannetti" [Brancucci-Ghiglione].
"La crisi agraria negli ultimi decenni del secolo XIX e il fenomeno di grande impatto dell’emigrazione, in particolare dal 1876 al 1925, svuotarono le campagne liguri, dando l’avvio alla prima significativa fase di abbandono e conseguente degrado dei terrazzamenti." [Brancucci-Ghiglione]
Oggi sopravvivono ampi tratti degli antichi terrazzamenti, ma al di fuori delle valli montane dove l'agricoltura viene tuttora praticata in maniera diffusa, non è raro trovare muri crollati, canali di scolo delle acque reflue intasati o sepolti da fango e pietrisco, oppure intere fasce nascoste dalla ricrescita dell'incolto, tanto che ormai solo la stagione invernale, con la caduta delle foglie e i sempre più sporadici episodi di innevamento, permette di rivelarne l'esistenza.
Si auspica che l’iscrizione Unesco dell'"Arte della costruzione dei muri in pietra a secco, conoscenze e tecniche" nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità, categoria immateriale (28 novembre 2018) possa portare ad una maggiore consapevolezza dell'importanza del fenomeno, non solo sul piano paesaggistico, storico e culturale, ma anche con riferimento alla tutela e conservazione del medesimo, in quanto "l’abbandono e lo spopolamento di grandi aree del territorio in Liguria e delle sue possibili conseguenze sul paesaggio agrario terrazzato, è un problema di grande attualità e importanza. Le conseguenze dell’assenza di manutenzione dei muri a secco — che diventano facile preda, come è nella natura delle cose, degli eventi naturali — giungono fino ai nostri giorni, manifestandosi con ripetuti fenomeni di dissesto idrogeologico" [Brancucci-Ghiglione].
La Regione Liguria, con un bando aperto dal 14 marzo al 23 aprile del 2024, ha stanziato 9,4 milioni di euro "per il ripristino dei muretti a secco a tutela del territorio, che connotano paesaggisticamente, tutelano da rischi idrogeologici e permettono di coltivare tramite le caratteristiche fasce terrazzate" (dal sito web di Regione Liguria).
Luca Bonardi, Geografia dei terrazzamenti agrari, in Luca Bonardi - Mauro Varotto, Paesaggi terrazzati d'Italia: eredità storiche e nuove prospettive, Franco Angeli, Milano 2016, p. 13-107
Gerardo Brancucci - Giovanni Ghiglione, Le fasce in Liguria: dal dissesto al recupero, verso nuove opportunità: l'etichetta geologica di prodotto (EGP)", Quaderni IRCrES, 2, 2019
Paolo Ferrari, Il mantello del centauro: storia, identità e rappresentazione nelle alte terre delle Quattro Province, Musa, Cosola 2019
Osvaldo Garbarino, Monaci, milites, coloni: materiali scritti e costruiti per una storia del Tigullio altomedievale, De Ferrari, Genova 2000
Adriana Ghersi - Giovanni Ghiglione, Paesaggi terrazzati: i muretti a secco nella tradizione rurale ligure, il Piviere, Gavi 2012
Paolo Giardelli, Movimenti migratori, incremento demografico e condizione economica della popolazione nei secoli XVII-XX, in Val Brevenna: segni, memorie e identità nel corso della storia, a cura di Paolo Giardelli e Mauro Valerio Pastorino, InSedicesimo, Milano 2016
Giuseppe Gisotti, La cultura della pietra a secco, Geologia dell'ambiente: periodico trimestrale della SIGEA, 4, 2003
Santino Langè - Duilio Citi, Comunità di villaggio e architettura, Jaca Book, Milano 1985
Fasce e terrazzamenti in Liguria (e oltre) = (Dove comincia l'Appennino) / © autori — <https://www.appennino4p.it/fasce.htm> : 2024.09 -