Anche nell'ambito di una semplice escursione, può rivelarsi interessante resistere alla tentazione di scorporare un singolo individuo vegetale dall'ambiente circostante, considerandolo invece come componente di una popolazione formata da una pluralità di individui della stessa specie: infatti, vicino all'albero o al fiore oggetto della nostra attenzione, troveremo con ogni probabilità altri individui simili, magari dai colori o dalle dimensioni meno spettacolari. L'insieme di componenti della stessa specie dà origine ad una popolazione. Le varie popolazioni che abitano nello stesso luogo, interagendo fra loro e con l'ambiente, formano una comunità, che spesso, per l'organizzazione raggiunta e per la sua stabilità spaziale e temporale, costituisce un'associazione vegetale. Quindi possiamo dire che un'associazione vegetale viene definita sulla base della sua stessa composizione floristica.
Per ragioni geomorfologiche e di esposizione, il paesaggio del monte Vallassa [a cavallo tra le medie valli Staffora e Curone] risulta costituito da un mosaico di ambienti anche molto diversi fra loro, ognuno dei quali caratterizzato da differenti associazioni vegetali come espressione diretta delle caratteristiche fisiche ambientali esistenti in un determinato sito. È dunque proprio alla varietà di ambienti che va attribuita la ricchezza floristica del monte Vallassa, una notevole base di studio per ulteriori approfondimenti, ma anche, più semplicemente, un multiforme e variopinto sfondo che accompagna chi percorre questi sentieri alla ricerca di qualche distrazione ed un po' di tranquillità.
Il monte Vallassa ed il monte Penola costituiscono una dorsale, con direttrice est-ovest, di modesta estensione ma di grande interesse naturalistico per la varietà di ambienti che ivi si trovano, i quali a loro volta favoriscono e condizionano l´affermarsi di determinati tipi di vegetazione. L'azione dei fattori climatici si manifesta con sensibili differenze su ciascuno dei due versanti, su cui si instaurano mesoclimi ben distinti. Il versante pavese, esposto a nord, ha una maggiore superficie boscata ed ospita diverse specie erbacee legate appunto all´ambiente forestale, mentre scarseggiano quelle meglio adattate ad ambienti aridi. Per ragioni di esposizione e di topografia, su questo versante il clima mostra una minore continentalità rispetto a quello delle zone in pieno sole; ne conseguono più moderate variazioni di temperatura e umidità nell´arco della giornata e nel corso dell´anno.
La maggiore estensione del soprassuolo arboreo, e conseguentemente la maggiore fitomassa, favoriscono l´accumulo di notevoli quantità di sostanza organica, originando suoli abbastanza profondi ed evoluti con un orizzonte superficiale ricco in nutrienti, adatto a specie ecologicamente più esigenti.
Il versante alessandrino è invece totalmente esposto a sud e si differenzia in ambienti diversi, in relazione alla presenza o assenza di copertura arborea. La vegetazione rispecchia in genere un clima arido, soprattutto su substrato affiorante, dovuto ad una maggiore incidenza della radiazione solare, all´influenza dei venti, alla natura del substrato litico ed all´acclività dei pendii (soprattutto nella parte superiore). L´interazione di questi fattori determina una riduzione quantitativa dell´umidità atmosferica e dell´acqua nel suolo e favorisce inoltre un rapido drenaggio delle acque superficiali. Laddove l´utilizzo del legname ha causato un notevole quanto evidente depauperamento della copertura arborea, con conseguente erosione degli orizzonti superiori del suolo, si trovano prati aridi e garighe.
Sono frequenti e ben visibili, soprattutto sul versante alessandrino, derivanti probabilmente dalla modificazione della copertura arborea per opera dell´uomo. Infatti, in conseguenza dello stress indotto dalla pressione antropica di durata millenaria e dal clima arido (dovuto all'esposizione ed alla topografia del luogo) risulta inevitabile che in alcune zone la degradazione della copertura vegetale originaria abbia portato alla sua scomparsa ed alla sostituzione con associazioni costituite da vegetazione a carattere steppico, con specie adattate ad ambienti aridi, caldi ed a intensa illuminazione (aspetto riscontrabile un po' ovunque, nella fascia collinare dell'Appennino). Ne sono un esempio i prati antropogeni a Poaceae, sui quali in primavera appaiono svariate fioriture, fra cui numerose specie di orchidee selvatiche.
In questo ambiente prevalgono le Poaceae, accompagnate già ad aprile dalle bianche corolle di Heliantemum appenninum (Cistaceae), da Coronilla vaginalis, Lotus corniculatus (Fabaceae) e da Linum bienne (Linaceae). Altre comuni fioriture che fanno la loro comparsa nel corso della stagione primaverile sono Globularia punctata (Globulariaceae), Leopoldia comosa (Liliaceae), Saponaria ocymoides (Cariophillaceae), Thimus serpillum (Lamiaceae), unitamente a numerosi esemplari del genere parassita Orobanche (figura 1). Fra le orchidee spontanee la prima apparizione spetta a Orchis morio, seguita a breve da diverse specie congeneri; fra le più comuni, Orchis purpurea, Orchis ustulata (figura 2), Orchis tridentata. Per il genere Ophris citiamo le specie fuciflora, sphegodes e Bertoloniiformis subsp. benacensis (quest'ultima risulta essere una forma ibridogena, frutto dell'incrocio fra Ophris Bertolonii ed Ophris sphegodes).
Sulla sella fra il Penola ed il Vallassa, superati sulla sinistra alcuni prati falciati, al bivio Guardamonte (destra)-grotte di San Ponzo (sinistra) troviamo sulla nostra destra un altro esempio di prato arido. Qui le Poaceae hanno una massa assai minore rispetto all'esempio precedente. Sotto la copertura arbustiva fioriscono Pulmonaria officinalis, Ancusa officinalis (Boraginaceae), Knautia arvensis (Asteraceae), Orchis purpurea (Orchidaceae). Osservando generi come Saponaria e Thimus si ha un ottimo esempio di come i vegetali sappiano far fronte a stress idrici grazie a particolari adattamenti morfologici (xeromorfismo) volti a ridurre la traspirazione e quindi le perdite idriche, come le ridotte dimensioni delle foglie, il maggior rapporto volume/superficie in queste ultime e altri aspetti fisici e fisiologici che per ovvie ragioni non possono essere osservati facilmente. Con l'estate fa qui la sua comparsa Hypericum perforatum (Hypericaceae).
Lungo il sentiero per il Guardamonte si cammina in parte sulla linea di spartiacque, dove incontriamo chiarie di bosco termofilo ed ambienti assolati con substrato affiorante, assimilabili al tipo vegetazionale descritto. In mezz'ombra, sotto la copertura delle chiome al margine del querceto, fa la sua comparsa Limodorum abortivum (figura 3), un'altra orchidea di aspetto assai particolare. Altri esempi interessanti di prato arido si trovano, in esposizione sud, nei pressi della rupe del Guardamonte. Sempre ben rappresentati Heliantemum appenninum, Euphorbia ciparissias, Thimus serpillum, Leopoldia comosa, Globularia punctata. Compaiono inoltre Acinos arvensis, Linaria vulgaris, Veronica officinalis, Veronica chamaedris (Scrofulariaceae) e, fra le Oxalidacee, ricordiamo Astragalus sp. e Onobrychis viciifolia. Con l'arrivo dell'estate fioriscono Origanum vulgare, Melilotus officinalis (Lamiaceae), Cirsium vulgare, Anthemis tinctoria (Asteraceae).
Le lievi differenze nella composizione floristica all'interno di ambienti ascrivibili ad un unico tipo possono essere rapportate al grado di aridità ed alla profondità del suolo (in altre situazioni anche a variazioni dei fattori microclimatici e del substrato litico). In questo tipo di ambiente il suolo va generalmente incontro ad una degradazione, a causa del dilavamento di minerali e sostanze di derivazione organica, operato dalle acque meteoriche. Ha quindi origine un processo di acidificazione che caratterizza anche la composizione del popolamento vegetale, con la scomparsa di specie legate a substrati basici (per esempio Cardamine hirsuta) e la relativa comparsa di altre più adatte al nuovo ambiente più "acido" (per esempio Polygala vulgaris). Contrariamente alle aspettative l'effetto tampone esercitato dalla notevole frazione carbonatica, contenuta nella roccia madre, impedisce la discesa del pH verso valori di acidità. Troviamo conferma a quanto detto nella presenza di specie prevalentemente calcòfile (Cephalantera damasonium, Orchis ustulata, Convolvulus cantabrica) anche in stazioni in cui insistono condizioni ritenute ordinariamente causa di una possibile acidificazione del suolo.
La formazione boschiva, a tratti abbastanza fitta, che si incontra sul versante volto a mezzogiorno, è caratterizzata da una discreta luminosità anche sotto le chiome e da una pluristratificazione al suo interno, con uno strato erbaceo ed uno strato arbustivo ben rappresentati. Si tratta di un querceto misto a Roverella (Quercus pubescens), cui si associano Orniello (Fraxinus ornus) e Càrpino nero (Ostrya carpinifolia); la struttura è discontinua ed il bosco lascia spesso il posto a chiarie di modeste dimensioni. Lo strato arbustivo, talora molto fitto, è originato prevalentemente da Ligustrum vulgare, nocciolo Corylus avellana, ginepro Juniperus communis, Viburnum lantana, biancospino Crataegus monogyna, sanguinello Cornus sanguinea. La relativa abbondanza di specie quali Prunus spinosa, Rubus fruticosus e Pirus piraster in giovani esemplari, testimonia i frequenti interventi selvicolturali per il prelievo del legname. Lo strato erbaceo è costituito da un tappeto continuo di Poaceae.
Il versante esposto a nord presenta una superficie quasi completamente boscata, con maggiore eterogeneità nelle classi d'età rispetto al bosco termofilo del versante sud. In questo ambiente l'evaporazione e la traspirazione sono più contenute, in funzione della minore influenza del vento e della radiazione solare, che qui arriva in modo meno diretto, il tutto a vantaggio delle disponibilità idriche.
Già a prima vista è facile notare in questo bosco una diminuzione della luminosità ed una rarefazione dello strato arbustivo e di quello erbaceo rispetto al versante sud. Anche lo strato arboreo mostra differenze nella composizione: qui vaste superfici sono occupate da rovere (Quercus petraea) e castagno (Castanea sativa); degni di nota sono i castagneti da frutto presenti in zona, che annoverano alberi secolari di dimensioni ragguardevoli. L'estensione di questi boschi antropizzati (il castagno in natura non dà origine a formazioni boschive) testimonia l'entità dell'azione esercitata dall'uomo sull'assetto naturale della vegetazione spontanea.
Lo strato arbustivo non presenta variazioni sostanziali nella composizione, anche se qui è per lo più limitato al margine del sentiero, dove la rarefazione della copertura arborea permette un maggiore afflusso di radiazione luminosa a livello del suolo. Al contrario, le severe condizioni di luce ed il maggiore accumulo di lettiera che si hanno sotto copertura inibiscono in modo evidente lo sviluppo dello strato arbustivo e di quello erbaceo; quest'ultimo risulta comunque piuttosto vario nella composizione.
La vegetazione forestale del monte Vallassa rappresenta nel suo assetto un ottimo esempio per comprendere come nel contesto di fitocenosi, indicate genericamente con il termine "bosco", possano in realtà essere identificati differenti tipi forestali, in funzione di fattori ecologici (vento, acqua, radiazione solare...) che ne influenzano lo sviluppo e ne fissano i limiti sia a livello topografico che su scala geografica.
Vediamo ora alcune piante, per lo più erbacee, la cui presenza, strettamente correlata alle caratteristiche ecologiche tipiche dell'ambiente forestale, risulta essere un utile complemento nella definizione delle diversità esistenti fra i tipi citati.
Nel bosco termofilo il numero di fioriture è assai ridotto e la quasi totalità delle specie vegeta in chiarie o al margine del bosco stesso. Proprio in quest'ultima situazione, nei pressi della rupe del Guardamonte, troviamo Cephalantera damasonium e Limodorum abortivum, quali rappresentanti delle Orchidacee. È possibile anche osservare Euphorbia serrulata (Euphorbiaceae), Helleborus phoetidus (Ranuncolaceae), Convolvulus cantabrica (Campanulaceae), Lathyrus sylvestris (Fabaceae), Hypocoeris maculata (Asteraceae), Arabis hirsuta (Cruciferae). Cephalantera, Euphorbia ed Helleborus sono presenti in entrambi i tipi di bosco.
Passando al bosco sul versante settentrionale l'elenco delle specie campionate si allunga. Va precisato che qui la maggior parte delle fioriture ha luogo nella prima metà della stagione primaverile, quando la fogliazione ancora incompleta delle specie arboree permette un maggiore flusso di radiazione solare a livello del suolo ed ostacola in minor misura il volo degli insetti impollinatori (pronubi). Fra le specie che più si confanno alle caratteristiche ecologiche qui presenti troviamo Hepatica nobilis, Helleborus viridis (Ranuncolaceae), Corydalis cava (Fumariaceae), Muscari botioydes, Polygonatum odoratum, Scilla bifolia (Liliaceae), Ajuga reptans, Ajuga chamaephitys, Lamium maculatum, Lamium purpureum, Glechoma hederacea (Lamiaceae), Vinca minor (Apocynaceae), ed altre ancora. A primavera inoltrata fa inoltre la sua comparsa qualche raro esemplare di Iris graminea (Iridaceae). Fra le orchidee troviamo Dactylorhiza sambucina, oltre alla già citata Cephalantera damasonium. Su questo versante, all'interno del bosco, vegeta una popolazione di Dittamo (Dictamnus albus, Rutaceae) formata da numerosi individui; un fatto insolito se si considera che questa specie vive di consueto in luoghi aridi e sassosi, in posizioni assolate.
La rupe del Guardamonte, con un'altitudine di 751 metri, forma la vetta del monte Vallassa. La sommità della rupe è costituita da una superficie di circa centoventi metri quadrati, inclinata verso settentrione con un angolo di circa 20 gradi. È stato rilevato come quest'ultimo fattore influenzi le correnti d'aria che arrivano da sud, moderandone gli effetti al suolo.
A questo proposito è bene ricordare che anche qui i venti predominanti arrivano da sud-sudovest e che, per ragioni topografiche, si manifestano in tutta la loro portata. Il lato a precipizio è rivolto a mezzogiorno per una lunghezza di circa venti metri, interrotto solo da una cengia, che taglia la parete in senso trasversale poco sotto la cima. La radiazione solare arriva in modo quasi ortogonale, almeno nella buona stagione. La roccia nuda è colonizzata da diversi generi, almeno cinque, di licheni crostosi, che la ricoprono quasi totalmente (circa 80-90%). In alcune piccole depressioni della superficie è possibile notare l'accumulo dei prodotti derivati dalla disgregazione del substrato litico, operata dall'attività biologica dei licheni stessi, unitamente a residui organici per lo più prodotto della decomposizione di talli lichenici o porzioni di essi. Il paleosuolo così originato viene abilmente sfruttato da alcune specie fra cui la xerofila Thimus pulegioides, Scutellaria minor (Lamiaceae), Euphorbia cyparissias (Euphorbiaceae); presenti inoltre alcuni individui dei generi Saxifraga e Carex. Qui l'azione del vento e il dilavamento, operato dalle acque meteoriche sulla superficie inclinata, impediscono l'accumulo di materia organica e prodotti di erosione, rendendo quindi assai difficile la formazione di un suolo vero e proprio.
Le piante possono quindi radicare solo nelle piccole depressioni già descritte, ma anche nelle crepe presenti qua e là lungo la parete (un esempio in questo caso è fornito da Silene nutans). Una di queste crepe, di proporzioni ragguardevoli, taglia la rupe del Guardamonte in direzione nord-sud, a circa due terzi [15] della sua lunghezza, creando due superfici distinte. Qui vegeta anche un esemplare di cerro (Quercus cerris), il cui portamento arbustivo testimonia in modo evidente gli effetti negativi operati dall'azione dei fattori climatici sull'accrescimento. Sulla rupe e nelle immediate vicinanze vegetano alcuni esemplari di bosso (Buxus sempervirens), un arbusto sempreverde piuttosto raro nelle nostre valli e da ritenersi quindi un'ulteriore peculiarità di questo luogo. [Il legno di bosso è il materiale più frequentemente impiegato per la costruzione dei pifferi.] Il bosso predilige terreni calcarei ed è in grado di sopportare bene gelo e siccità: la sua ecologia e le caratteristiche morfologiche del luogo fanno sì che esso trovi sulla rupe del Guardamonte un habitat, ma anche un ottimo rifugio.
A nord il limite del bosco si arresta a contatto con la rupe; su questo lato la roccia forma una piccola parete subverticale, alta fino a quattro metri vicino alla spaccatura. Grazie alla particolare esposizione che favorisce l'ombreggiamento, ostacolando di conseguenza l'evaporazione, questa parete costituisce un ottimo habitat per alcune specie di briofite [muschi] e pteridofite [felci]. Per compiere il loro ciclo riproduttivo, questi due gruppi di piante necessitano di acqua (pioggia o rugiada). Prediligono ambienti con microclima umido, almeno per una parte dell'anno. I muschi ricoprono gran parte della roccia e qua e là si trovano le piccole felci Asplenium trichomanes e Asplenium ruta muraria (Polypodiaceae). In uno spazio assai contenuto troviamo quindi piante adattate a forte insolazione e condizioni di aridità in esposizione sud, mentre sul lato opposto troviamo piante con necessità ben differenti. La rupe del Guardamonte rappresenta dunque un esempio significativo, osservabile con poca fatica, di come i fattori ecologici già citati (vento, sole, acqua) siano determinanti nella distribuzione spaziale dei vegetali.
La cengia che passa sotto la rupe mostra le medesime condizioni di aridità ed esposizione. Fra le poche piante che qui vegetano troviamo l'aromatica Helichrysum italicum (Asteraceae), le già citate Linarja vulgaris e Leopoldia comosa ed una stazione insolita di Malva sylvestris (Malvaceae). Alle specie citate si accompagnano alcune querce, la cui crescita stentata ha conferito loro un aspetto arbustivo.
Scendendo lungo il versante alessandrino, la roccia affiorante dà luogo a piccoli ambienti rupestri, dove ritroviamo Heliantemum appenninum e Globularia punctata, ma dove fioriscono anche Petrorhagia saxifraga (Cruciferae), Acinos arvensis (Lamiaceae) e, successivamente, Anthemis tinctoria, Cirsium vulgare, Hypocoeris maculata (Asteraceae), Melilotus officinalis, Ononis spinosa, Lathyrus sylvestris (Fabaceae), oltre alle già citate Melilotus officinalis e Onobrychis viciifolia. Il bosco ha una struttura discontinua a maglia: nelle piccole garighe, fra le Poaceae che costituiscono un folto strato erbaceo, spiccano in primavera le singolari fioriture di alcune specie del genere Carex (Cyperaceae) e sporadici esemplari di Polygala vulgaris (Poligalaceae).
Enrico Macchiavello
pubblicato anche in: Alla scoperta dei monti Vallassa e Penola -- Voghera : 2004
La flora tra Staffora e Curone (Dove comincia l'Appennino) / redazione ; © autori -- <https://www.appennino4p.it/flora.htm> : 2004.10 - 2005.09 -