Dove comincia l'Appennino

Archeologia tra Staffora e Curone

figura 1: Vaso a bocca quadrata dal saggio 1 Il sito archeologico noto con la denominazione di Guardamonte si estende lungo la sommità e le aree settentrionali di versante del monte Vallassa, sul crinale compreso fra i paesi di San Sebastiano Curone e Bagnària. Le prime indagini archeologiche furono intraprese negli anni Cinquanta, in seguito a rinvenimenti fortuiti, dalla Soprintendenza archeologica del Piemonte, a opera di Felice Gino Lo Porto, a cui fecero seguito sporadiche ricerche negli anni Settanta, solo parzialmente documentate. A partire dal 1995 l'Università degli studi di Milano, sotto la direzione scientifica della professoressa Cristina Chiaramonte Trerè, titolare della cattedra di Civiltà dell'Italia preromana, con la collaborazione degli scriventi, ha dato avvio a un nuovo progetto di ricognizioni e scavi nell'area interessata dalla presenza dell'insediamento. Le indagini tuttora in corso hanno messo in evidenza in quest'area, posta in posizione dominante rispetto alle valli dei torrenti Staffora e Curone e naturalmente difesa, una complessa situazione insediativa che affonda le sue origini nel corso del V millennio a.C., con testimonianze di frequentazione a partire dal Neolitico medio fino alla seconda età del Ferro e all'epoca romana, probabilmente alto-imperiale.

La lunga durata dell'occupazione può essere parzialmente spiegata dalle caratteristiche morfologiche del sito che permettono il controllo delle direttrici fluviali dalla pianura verso sud fino ai valichi appenninici. Un altro aspetto che sembra offrire un indizio di notevole interesse è costituito dalle caratteristiche geologiche strutturali dell'altura, con la sovrapposizione della formazione arenacea permeabile alle formazioni sottostanti marnoso-argillose impermeabili, che determinano la presenza di sorgenti persistenti, testimoniata oggi dalle fontane dell'Arsazza e della Fontanazza, con portata abbastanza rilevante e ottima qualità dell'acqua.

Gli scavi condotti dall'Università hanno interessato diverse zone del monte: in particolare importanti testimonianze sono state poste in luce nel pianoro posto lungo il margine settentrionale della rupe (saggi 1 e 3) e su una terrazza pianeggiante, situata a quota inferiore, lungo il versante settentrionale del monte (saggio 5). Contestualmente alle operazioni di scavo è stato realizzato, con l'ausilio delle più moderne tecnologie, un rilievo topografico digitalizzato dell'intera altura che permette oggi di disporre per la prima volta di una mappa che riproduce fedelmente le caratteristiche morfologiche dell'area e i punti di affioramento delle evidenze antiche nonché la collocazione esatta degli interventi sul terreno.

Le indagini di scavo hanno permesso di identificare le testimonianze di una frequentazione in questa zona a partire dal Neolitico fino all'età romana (V millennio a.C. - I sec. d.C.).

Il saggio 1, effettuato nella zona sommitale, ha permesso l'esplorazione di un'area caratterizzata da una sorta di lungo corridoio protetto a sud dalla sopraelevazione della rupe di arenaria e a nord dal culmine di una delle due cime del monte. Per le fasi più antiche di notevole interesse è risultato il rinvenimento di un piccolo lembo di strato, in prossimità della parete di roccia, che ha restituito materiali riferibili al Neolitico medio in una fase iniziale della Cultura dei vasi a bocca quadrata. Questa cultura per l'Italia settentrionale costituì, rispetto al periodo precedente (Neolitico antico: VI millennio a.C.), un periodo di grande unificazione culturale con l'apertura alle relazioni con il resto della penisola oltre che con le culture dalmatiche e balcaniche. È stata identificata in particolare per l'affermarsi di forme di vasi con la bocca quadrata, elemento distintivo che caratterizza la produzione ceramica dell'Italia settentrionale per quasi un millennio (inizio V - inizio IV millennio a.C.). Sulla base dei caratteri della produzione materiale e in particolare della decorazione vascolare sono state isolate tre fasi; i materiale del Guardamonte rimandano a quella più antica caratterizzata da una decorazione di stile geometrico-lineare incisa o graffita a crudo che, con i nuovi sistemi di datazione, si colloca tra il 4800 e il 4500 a.C. (Fig. 1).

Non mancano tra i reperti del sito strumenti in pietra scheggiata in selce come una punta di freccia e un grattatoio e, in pietra verde (ofiolite) levigata, frammenti di strumenti quali un'accetta frammentata. proprio la lavorazione di pietra verde è testimoniata da resti di materiale sbozzato e da scarti di lavorazione. la raccolta di materiale ofiolitico in forma di ciottoli nei letti dei torrenti curone e staffora è testimoniata già nelle fasi più antiche del neolitico. questo materiale, molto ricercato e raro, ampiamente utilizzato per tutto il neolitico, costituiva per queste zone una particolare attrattiva per la facilità di reperimento direttamente nei fiumi; è probabile che anche la frequentazione del monte vallassa in questa fase possa essere in parte riconducibile al popolamento dell'area per l'approvvigionamento della pietra verde.

La frequentazione del sito è attestata, anche se sporadicamente, per il Neolitico finale e per la successiva età del Rame (3400-2200 a.C. ca.); molto interessanti i frammenti riferibili alla Cultura del vaso campaniforme, un fenomeno di portata europea della fase finale dell'età del Rame, che in Italia settentrionale si colloca circa nella seconda metà del III millennio a.C.

figura 2: Planimetria della capanna del saggio 1 Testimonianze più significative sono comunque riferibili all'età del Bronzo, in particolare a un periodo compreso tra una fase avanzata del Bronzo medio e una iniziale del Bronzo recente (XVI-XIII sec. a.C.). In prossimità del centro del pianoro infatti il saggio 1 ha evidenziato un taglio semicircolare che determina un'area sottoscavata dove appare alloggiata una struttura, probabilmente una capanna, costituita da pietre disposte in forma semicircolare (figura 2). I ripetuti fenomeni di deterioramento delle strutture e della stratigrafia di questo pianoro, soggetto per la sua collocazione a quota più elevata a fenomeni franosi, permette di definire solo in parte la scansione dell'insediamento in questa zona. L'analisi dei materiali consente tuttavia d'inquadrare la vita di questa struttura tra la fine del Bronzo medio e l'inizio del Bronzo recente. Alla capanna e alla successiva fase di obliterazione sono infatti associati frammenti di vasi in ceramica che rimandano alla cosiddetta facies occidentale di questo periodo dell'età del Bronzo, caratterizzata, tra l'altro, dalla presenza di decorazioni con solcature incise e cuppelle impresse con il centro rilevato.

Il saggio 3, posto in un'area a ovest del pianoro sommitale a quota inferiore, in un punto dove il profilo del monte mostra un repentino cambio di pendenza a continuazione ideale di una balza naturale della roccia arenaria affiorante, ha permesso di identificare i resti di una struttura muraria, probabilmente di contenimento, anch'essa riferibile al Bronzo recente. Si tratta di una scoperta molto importante che consente di datare almeno al XIII sec. a.C. circa la prima edificazione sul monte Vallassa di un insediamento dotato di opere di terrazzamento artificiali.

figura 3: Vaso del Bronzo finale dal saggio 1 La struttura muraria è stata rinvenuta con la parte soprastante completamente franata verso valle; la parte inferiore comunque ha continuato ad assolvere in parte alla sua originaria funzione di contenimento del terreno a monte, preservando così un lembo di strato che ne ha permesso anche la datazione. La tecnica utilizzata richiama quella già verificata in altri luoghi coevi della Liguria e che caratterizzerà anche le opere di epoca successiva dell'insediamento ligure. Le pietre disposte a secco sono state collocate in questo punto sfruttando, come si è detto, una sorta di bastione naturale cui la struttura artificiale sembra ancorarsi disponendosi con le spalle alla vetta del monte. Non è più possibile nella zona immediatamente a valle, per lo più ormai priva di suolo per effetto dell'erosione, definire se l'insediamento dell'età del Bronzo proseguisse anche oltre ma è molto probabile, vista la collocazione del muro in un punto intermedio tra il pianoro sommitale e una sorta di balconata naturale appena più a valle, che il sito potesse estendersi fino a questo punto.

Successivamente a questo periodo dovette verificarsi una fase di abbandono cui fece seguito una nuova occupazione che, nonostante non abbia restituito strutture, è comunque ben attestata dalla cultura materiale. In particolare si segnala un vaso probabilmente funzionale alla conservazione dei cibi rinvenuto sul piano di questa fase di vita e ricostruito quasi per intero da numerosi frammenti, attribuibile al Bronzo finale (XII-X sec. a.C.; figura 3). Il ritrovamento tra i materiali rimescolati del pianoro di un frammento di un ugello in terracotta di un mantice, probabilmente in pelle, testimonia la presenza di attività metallurgiche nella zona sommitale durante l'età del Bronzo.

figura 4: struttura di contenimento della fase ligure (saggio 5) Dopo un nuovo periodo di abbandono, protrattosi forse per quasi trecento anni, l'intera area del monte venne interessata da una nuova importante fase di occupazione, con interventi anche di notevole entità. Le principali testimonianze relative a questa fase provengono dal saggio 5, eseguito in corrispondenza dell'ampio pianoro presente lungo le pendici settentrionali del monte; questo intervento ha permesso di riportare in luce diverse strutture che mostrano la sistemazione dell'area a terrazze pianeggianti (figura 4) e la successione di diverse fasi di vita in un arco di tempo compreso, sulla base dei dati attuali, tra il VI e il III-II secolo a.C. È in questo periodo che è possibile riferire l'occupazione dell'insediamento a popolazioni "liguri". Nel corso del VI secolo a.C. infatti l'area venne stabilmente occupata e il versante del monte fu adattato, sia sagomando la roccia affiorante sia con riporti di terra, per ricavarne dei terrazzi. Le prime testimonianze tuttora evidenti di questa opera sono costituite da un possente muro composto da lastre e grandi pietre sovrapposte senza legante, ancora visibile sul ciglio del pianoro, e, all'interno, da alcuni muri probabilmente di edifici, andati poi quasi completamente distrutti. Sulla base dei materiali rinvenuti questa fase di vita è inquadrabile nella prima metà del V a.C.

figura 5: Planimetria delle principali strutture del saggio 5, con la fornace La fase di maggiore sistemazione dell'area appartiene invece a un'epoca più recente, tra la metà del V a.C. e la metà del secolo successivo. Dopo una breve fase di abbandono dell'abitato, il grande muro di contenimento del pianoro venne ricostruito in posizione più arretrata e il piano di vita fu rialzato. Su questo nuovo piano furono impostate diverse strutture: in particolare furono costruiti alcuni basamenti in pietra (lastre e massi connessi a secco) su cui erano verosimilmente impostati dei muri in materiale deperibile (legno e graticci) e una fornace per la cottura della ceramica (figura 5). Di quest'ultima si era conservata parte della cupola della camera di cottura dei vasi e la base della camera di combustione, costituita da un circolo di pietre che ancora contenevano la cenere dell'ultimo fuoco. All'interno della cupola, rinvenuta collassata e fortemente danneggiata, non sono stati rinvenuti vasi: si suppone quindi che la fornace sia stata abbandonata dopo il completamento dell'ultima cottura e il prelievo dei vasi cotti, operazioni che, in strutture di questo tipo, prevedevano l'asportazione dall'alto e quindi la distruzione parziale della camera di cottura. All'interno della cenere contenuta dal circolo di pietre è stata rinvenuta un'ampia porzione di un vaso d'impasto, già rotto in antico, che probabilmente era stato utilizzato durante le operazioni di spegnimento del fuoco (figura 6). Si tratta di un vaso con corpo troncoconico e decorazione incisa sulla spalla con un motivo a zig-zag. Questo tipo di decorazione incisa, con numerose varianti, è caratteristica della produzione ceramica ligure locale nel corso della seconda età del Ferro (V-II a.C.). La fornace qui rinvenuta doveva produrre proprio vasi di questo tipo.

figura 6: Vaso della seconda età del Ferro dal saggio 5 Dopo la fine dell'utilizzo della fornace l'area continuò a essere frequentata, come risulta dalla presenza di materiali più recenti (in particolare ceramica a vernice nera e armille (bracciali) in pasta vitrea), nel corso del III-II secolo a.C. L'assenza di edifici riferibili a quest'ultima fase di vita prima della completa romanizzazione del territorio potrebbe forse essere legata a una contrazione dell'insediamento oppure alla mancata conservazione delle strutture più superficiali, franate a valle in seguito all'abbandono definitivo del sito.

Lo scavo del saggio 5 ha permesso di riportare alla luce anche una discreta quantità di reperti relativi alle fasi di vita che si sono succedute nell'area: nella quasi totalità dei casi si tratta di frammenti più o meno cospicui di ceramica appartenenti al vasellame di uso domestico tipico della cultura ligure dell'età del Ferro. Come è testimoniato dalla presenza della fornace, questi oggetti erano perlopiù prodotti localmente, sfruttando le materie prime locali. Le forme sono in genere piuttosto semplici: vasi contenitori per la conservazione e la cottura di cibi solidi e liquidi, ciotole e scodelle utilizzate come piatti e bicchieri ed eventualmente anche come coperchi. Alcuni oggetti, come vasi colatoi, fusaiole e rocchetti, segnalano invece la presenza di attività manifatturiere legate all'allevamento, quali la lavorazione del latte e la filatura della lana. La maggior parte dei ritrovamenti appartiene alla fase di maggiore sviluppo dell'insediamento, corrispondente alla seconda età del Ferro (V-II a.C.). La ceramica locale, prodotta a mano in impasto di colore tra il rossastro e il marrone, è caratterizzata dalla presenza di motivi decorativi concentrati di solito nella parte superiore del vaso e ottenuti incidendo o imprimendo linee e coppelle sulla superficie del vaso prima della cottura, in modo da creare una notevole varietà di composizioni ornamentali (fasce di linee parallele, a zigzag semplici o multipli, a reticolo, a spina di pesce...).

Di grande rilievo appare la presenza di alcuni oggetti di importazione, molto significativi per la conoscenza delle relazioni commerciali e culturali che gli antichi abitanti del Guardamonte intrattennero con le altre popolazioni dell'Italia antica a più riprese nel corso della vita dell'insediamento. Tra i reperti delle fasi più antiche dell'insediamento (VI-prima metà V secolo a.C.) sono testimoniate infatti importazioni di ceramica etrusca: ciotole di bucchero probabilmente dall'Etruria settentrionale e padana, imitate anche localmente, e un grande bacino con una fascia dipinta prodotto in Etruria meridionale (Lazio settentrionale), a testimonianza dei contatti e degli scambi verso sud con la costa ligure-tirrenica. La presenza negli stessi strati di ceramica decorata a stralucido con una originale rielaborazione locale della tipica decorazione della ceramica golasecchiana, nonché di una fibula (spilla) di bronzo a sanguisuga, anch'essa tipica della cultura di Golasecca, indica l'intensità degli scambi anche con le popolazioni confinanti verso Nord.

figura 7: Ipotesi ricostruttiva della struttura di età romana (saggio 1) Nelle fasi più recenti (III-II secolo a.C.) il rinvenimento di altre fibule e di bracciali di vetro colorato tipici del costume celtico sembra testimoniare lo sviluppo di relazioni anche con le nuove popolazioni insediatesi ormai stabilmente nella Pianura padana, confermando in questo modo il perdurare del ruolo svolto dall'insediamento del Guardamonte come centro di contatti e di incontro tra diverse culture.

Come si è già accennato, il monte fu comunque interessato da un nuovo momento di occupazione in età romana. Fino ad oggi testimonianze di questa presenza appaiono circoscritte al pianoro sommitale (saggio 1). Qui al di sopra dei sedimenti depositatisi a seguito verosimilmente dell'abbandono dell'insediamento ligure venne impiantata una struttura della quale si sono conservate tre buche di palo e numerosi frammenti di tegole conservate anche per ampia porzione (figura 7). Potrebbe trattarsi di una tettoia lignea con tetto di tegole e coppi (questi ultimi peraltro scarsissimi tra i rinvenimenti). I materiali romani rinvenuti sebbene poco numerosi mostrano comunque la presenza di oggetti di una certa qualità (ceramica a pareti sottili, vetri, oggetti metallici etc.) riferibili grossomodo a un periodo compreso tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C. La presenza della fase romana sul tetto degli strati, quindi inevitabilmente più soggetta al deterioramento, non permette una definizione più dettagliata, anche se non si può escludere che la zona possa aver mutato la propria funzione assumendo quella di luogo di culto (per es. culti agricoli e pastorali delle cime).

Giorgio Baratti e Lucia Mordeglia
pubblicato anche in:
Alla scoperta dei monti Vallassa e Penola -- Voghera : 2004


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Archeologia tra Staffora e Curone (Dove comincia l'Appennino) / redazione ; © autori -- <https://www.appennino4p.it/guardamonte.htm> : 2005.01 -