Il piffero è un oboe popolare, simile ad altri strumenti ad ancia doppia diffusi in varie parti del Mediterraneo e alla bombarda bretone. È realizzato generalmente in legno chiaro di bosso (Buxus sempervirens) oppure nero di ebano; altri possibili materiali sono il susino, il sorbo e il pero.
L'ancia, chiamata popolarmente musotto, è di canna (Arundo donax); è la parte più delicata dello strumento, per cui deve essere sostituita spesso, e alcuni suonatori imparano a costruirsela da soli. L'ancia è fissata con cera d'api, che serve anche a chiudere alcuni fori non utilizzati. Due vere dorate e una piuma di gallo infilata nella campana completano il rustico aspetto dello strumento, conservato dal suonatore in un astuccio pure di legno, portato con una cinghia come una borsa.
Una descrizione del piffero si trova anche nella Wikipedia. Ne L'officina dei suoni di Bani si può accedere ad audiovisivi sulla costruzione di un piffero e delle ance, e nel nostro canale You tube a una conferenza di Cristina Ghirardini sul piffero e sulla musa.
Giúppete giuppe, giuppette Giuanna
te m'è rut la pinfradura,
ne faremo una di canna,
giúppete giuppe, giuppette Giuanna!
Si suole far risalire l'origine degli aerofoni conici ad ancia doppia all'invenzione dell'oboe islamico, collocabile attorno l'VIII secolo; se pure conosciamo precedenti manifestazioni di questa struttura, anche nell'Italia romana, possiamo accettare la collocazione nella Persia dell'alto Medioevo del punto di partenza dello sviluppo dell'oboe giunto sino a noi con radicali e molteplici trasformazioni che ne hanno tuttavia lasciata integra la morfologia di base.
Con una drastica semplificazione dobbiamo però rendere sommariamente conto di quelle trasformazioni che, anche a partire da un eventuale prototipo unico, hanno poi stabilito tre differenti tipi di oboe: se infatti il surna islamico si caratterizza per l'ancia morbida a "schiacciamento" ricavata da uno stelo vegetale, per il disco labiale mobile e un foro posteriore intermedio tra il primo e il secondo foro anteriori, gli oboi europei a loro volta si dividono in due gruppi tipologici: da una parte, la bombarda rinascimentale con ancia dura di canna essiccata, pirouette fissa e infossata, assenza di foro posteriore; d'altra parte, gli strumenti tra cui si inserisce il piffero delle Quattro Province, con ancia dura, pirouette non infossata e foro posteriore "alto". In realtà molti degli oboi popolari europei sono strutturati secondo diverse caratteristiche intermedie, soprattutto per quanto riguarda l'assenza del foro posteriore; inoltre esistono importanti casi di strumenti privi di pirouette (bombarde bretone, ciaramella italiana centro-meridionale, dulzaina spagnola, aubòi della Languedoc).
(Traditions of the oboe / Valla, Guglielmetti -- Silex : 1994)
Il piffero è l'unico oboe popolare stabilmente legato ad una zampogna che possieda la pirouette. Infatti, sia la bombarde che la ciaramella si caratterizzano per un'ancia che è in tutto simile, tranne che nelle proporzioni, a quella dei chanter dei rispettivi strumenti accompagnatori (biniou e zampogna), il che ha fatto ipotizzare ad Anthony Baines [A. Baines, Woodwinds, 1957, p. 230] la loro filiazione da quelli, come diane staccate e rese autonome. Ciò dunque non si può dire del piffero, che peraltro differisce in altre sostanziali caratteristiche sia dalla diana della musa che dai suoi parenti bretoni e italiani centro-meridionali. È dunque probabile che alla base della coppia piffero-musa ci sia stato un incontro tra due strumenti aventi origini diverse e indipendenti.
La più antica raffigurazione di un oboe nell'Europa medievale, in un manoscritto dell'"Etymologiarum" di Isidoro di Siviglia del X secolo, mostra una canna conica di dimensioni rapportabili a quelle del piffero (almeno in confronto con le più tarde bombarde), e un foro posteriore "alto". Analoghe caratteristiche appaiono nel klein Schalmey nominato da Praetorius come taglia più acuta della famiglia delle bombarde, il quale tuttavia sembra essere di origini diverse, più vicina a quelle "etniche" più antiche, e avere una vita parallela a quella delle bombarde vere e proprie. Questa duplicità è ribadita nell'"Harmonie universelle", libro V, di Marin Mersenne (1636-7), ove gli Haut-bois sono trattati separatamente in due "proposizioni", la XXXI e la XXXIII. Nella prima è descritto il dessus (soprano) che ha notevolissime somiglianze con il piffero delle Quattro Province e si discosta invece da tutti gli altri strumenti illustrati [...].
Si può dunque concludere con l'ipotesi dell'appartenenza del piffero ad un gruppo di strumenti "arcaici" che si sono modernizzati nella forma senza perdere le loro caratteristiche originarie, nati in Europa nel Medioevo e vissuti a fianco, ma in disparte, rispetto ai legni ad ancia organizzati in famiglie nel Rinascimento e largamente usati nella musica cerimoniale e militare.
Esiste un'interessante serie di fonti iconografiche che dimostrano l'uso popolare di bombarde e di pifferi, anche solisti, nell'Italia settentrionale, tra Liguria e Lombardia in particolare, a partire dal XVII secolo; altrettanto significativo è l'accoppiamento che ricorre nell'iconografia e in fonti letterarie, per lo stesso territorio (e da tempi ancora precedenti, dal sec. XV in poi), tra pifferi e zampogne, con il piffero di taglia più grave della diana. È ragionevole pensare che questo accoppiamento sia il frutto dell'influenza esercitata dalle bande di fiati di uso militare e di origine islamica, importate in Europa a seguito delle Crociate e adattate nel Rinascimento in complessi strumentali, fondamentali per la comprensione del rapporto tra musica culta, semi-culta e popolare. Esse infatti passano facilmente dall'uso pubblico "ufficiale" (civico o di corte) ad occasione festive, anche private, per accompagnare balli e cortei nuziali, ed erano composte da semiprofessionisti del ceto popolare (artigiani, per lo più).
La musa, a sua volta, appartiene ad una specie tipologica presente nella fascia meridionale dell'Europa continentale (Catalogna, Francia meridionale, Appennino emiliano), e in particolare è vicina in alcuni aspetti costruttivi, oltre che in senso geografico, alla piva solista della montagna emiliana. Il problema storico della musa è reso complesso dalla struttura del suo singolare bordone: è vero che esso non è l'unica manifestazione conosciuta di una canna forata, ma è altrettanto vero che gli altri esempi costituiscono o casi marginali di probabile sopravvivenza arcaica, come è per la säckpipa di Dalarna (Svezia), oppure gli anelli di una catena evolutiva che si è da tempo spezzata e che risale, secondo la teoria di Curt Sachs sull'origine del bordone nelle zampogne occidentali, agli albori della storia organologica di questo strumento. D'altra parte, il bordone della musa solleva il sospetto di una trasformazione intervenuta proprio in seguito alla fissazione dell'accoppiamento con il piffero, e con l'abbandono di un suo eventuale, precedente, uso solistico. Non solo, infatti, si è già detto della "strana" assenza, in un bordone così "polivalente", della tonica della diana; ma la disamina iconografica mostra esempi di strumenti con bordone "lungo" in coppia con pifferi e bombarde, o zampogne con bordone "corto", ma soliste.
tratto da Febo Guizzi, Note organologiche sul piffero della montagna pavese,
in Pavia e il suo territorio, Silvana, Milano 1990
Tra le gesta del celebre pifferaio si racconta anche che, nella prigione di Bobbio, si sarebbe costruito da solo un piffero (per dimostrare che non si trattava di un oggetto di origine diabolica); in effetti i suoi familiari di Suzzi erano tornitori.
Alcuni pezzi di pifferi, di lunghezza maggiore di quella consolidatasi come standard dall'epoca del Grixu, sono stati rinvenuti in una casa a Chiappa di Montoggio (valle Scrivia) da Claudio Cacco e Ilaria Demori.
Proprietario e probabilmente costruttore e suonatore di pifferi e muse a Càlvari (val Fontanabuona). Mugnaio e artigiano. Aveva parenti a Cicagna, dove può aver incontrato il Draghin e forse, negli ultimi tre anni di vita, il Grixu che stava cominciando a sua volta a costruire.
Costruttore di pifferi di Cantalupo Ligure (val Borbera), appartenente a una dinastia di esperti falegnami del paese, comprendente suo nonno e suo padre Giovan Battista che potrebbero avere già cominciato la realizzazione degli strumenti: a metà del Novecento era ancora visibile il tornio a pedale (il figlio Giuseppe, nato nel 1864, realizzò invece pregevoli portoni ed arredi per la chiesa e la canonica del paese). Fu il fornitore dei grandi suonatori delle valli Borbera e Curone come il Piansereju, il Brigiotto, il Lento e Carlon. La bottega si apriva proprio sulla strada principale del paese, lungo la Via del sale, di fianco alla chiesa. I pifferi più antichi avrebbero avuto linee semplici prive delle attuali decorazioni, e la campana svasata sarebbe stata introdotta solo nei suoi strumenti più tardi; anche la lunghezza subì diverse variazioni. Gli strumenti di Cantalupo servirono come modello a costruttori successivi, come Stombellini di Ozzola e probabilmente Callegari di Cosola. [CG, DC, FF]
Celebre costruttore di Cicagna (val Fontanabuona). Visse in Perù per circa 20 anni e poi rientrò a Cicagna. Dedito agli strumenti da banda e alle attività della banda locale, venne indotto da Giacomo Sala, qui noto come "Giacumun", a costruire pifferi, per i quali gli artigiani stavano scomparendo. Divenne così un riferimento anche per i suonatori più importanti (conobbe personalmente anche Ernesto Sala), il che contribuì probabilmente alla fissazione di forme e misure standard per lo strumento, già in atto all'epoca di Cantalupo. Dopo la sua improvvisa morte, il suo intero laboratorio fu conservato intatto dai familiari, compresi alcuni pezzi in corso di lavorazione, e molti anni più tardi venne recuperato da Ettore Guatelli, cultore di vecchi oggetti a Ozzano Taro.
Costruttore di pifferi e di muse (che occasionalmente suonava in coppia con Nicola Bongiorni) di Ozzola (val Trebbia), per la precisione della località Bazzini. Persona ingegnosa, oltre al lavoro di sarto e commerciante di macchine per cucire Singer, si dedicava alla falegnameria, fabbricando anche botti: per la sua abilità fu invitato a lavorare nei cantieri navali di Genova, ma preferì restare nel suo paese. Per collaudare gli strumenti, realizzati con un tornio a pedale, si affidava al vicino di casa Nicola Bongiorni, il quale se non suonavano bene poteva sentenziare «càciat intar cü cul chi mo!». Suo figlio Francesco Stombellini "Cicun", nato nel 1912, si dedicò a sua volta alla costruzione delle ance. U Sartù avrebbe imparato l'arte da solo, ma si dice che i costruttori di Ozzola si siano incontrati una volta appositamente con i falegnami Cogo di Cantalupo in una località non ricordata.
Costruttore e suonatore di pifferi di Cosola (val Borbera). Di carattere ingegnoso, si interessava di più alla costruzione, in cui fu forse influenzato da Cogo; fornì Damiano Figiacone e altri suonatori locali. Al pari del suo compagno Coggiola emigrò a Buenos Aires, dove portò degli strumenti e continuò l'attività di costruzione. Lo strumento fu conservato dal figlio e poi rispedito a Cosola dalla vedova bulgara di quest'ultimo.
Fabbro di Dernice (val Curone); possedeva un tornio da ferro e con esso pare abbia realizzato occasionalmente pifferi, oltre a zoccoli decorati in legno con una macchina apposita; praticò fra l'altro il violino [CG].
Noto mulattiere di Bogli (val Boreca), preparatore di sacche per la musa e, con le stesse pelli, di otri per il vino. Suo figlio Tino è un appassionato canterino.
Costruttore locale di pifferi di Pej (val Boreca), che provò anche a suonare personalmente. Bigliettaio sulle corriere, si portava a bordo gli strumenti a cui lavorare. Più anziano, ha allestito il museo contadino di Pej. I suoi strumenti sono descritti in un articolo degli "Studia instrumentorum musicae popularis"; venivano smerciati dall'amico suonatore Ernesto Sala in alternativa a quelli migliori del "Grixu". Un piffero e una musa suoi sono stati utilizzati dal gruppo folcloristico Amixi de Boggiasco.
Costruttore di Agnelli (val Trebbia), poi trasferito a Costa degli Arelli sopra Piancasale (val Trebbia), omonimo e nipote del pifferaio "Giuvanen". Di professione autista di corriere, sposò Giovanna Maschi di Campagna di Pradovera e abitò a Piacenza. Non conobbe di persona i costruttori di Ozzola, ma suo padre Colombano (da cui il soprannome) ebbe da Giuvanen un piffero di colore chiaro che fu il primo modello. Acquistò strumenti del defunto "Grixu", fece rifare quelli più arrugginiti e copiò le misure del piffero cicagnese di Agostino Orsi, che incontrava spesso all'osteria della Pianelletta: tale vecchio strumento fu perciò ribattezzato "la vacca dei pifferi". Morì prematuramente per un tumore al fegato. Sua figlia Brunilde ha suonato il piffero per qualche anno.
Pifferaio e costruttore di pifferi e muse di Degara di Bobbio (val Trebbia). All'importante attività di suonatore, specialmente in coppia con Attilio Rocca "Tilion" e nei "Müsetta", affianca l'attività artigianale, producendo molti dei pifferi utilizzati negli anni di rinascita dello strumento alla fine del Novecento, perlopiù in ebano. Ha sviluppato l'arte copiando pifferi di Cicagna e con l'aiuto di artigiani locali. Si sbizzarrisce anche in varianti sperimentali, come un piffero in mi scherzosamente definito "miffero".
Esperto costruttore di strumenti musicali di Tolosa (Francia), che su richiesta di Stefano Valla negli anni Novanta-Duemila si è specializzato anche nella costruzione di pifferi, a partire dalla copia di un Cicagna.
Costruttore amatoriale e occasionalmente suonatore di pifferi di Casanova (valle Staffora).
Fisarmonicista di Casanova (valle Staffora). La vigilia di Natale del 2004 ha realizzato il suo primo piffero, nel suo laboratorio di Casteggio. Da allora fornisce di pregevoli strumenti Stefano Valla e i suoi allievi.
Costruttore e suonatore di musa di Milano, ha appreso l'arte sia da Ettore Losini "Bani" che autonomamente; suona con Marco Domenichetti e Cesare Campanini e nei "LampeTron".
Fisarmonicista e costruttore di bocchette per piffero; ha iniziato
la produzione attorno al 2000 per rispondere alla necessità
dei suonatori di reperire questo accessorio, indispensabile per il montaggio
delle ance: il modello deriva dall'analisi di vari modelli di bocchette
preesistenti [per contatti: c.campanini
Costruttore di cornamuse di Castell'Arquato (val d'Arda, PC). Si interessa specialmente delle origini antiche di pive, muse e pifferi, su cui conduce ricerche volte a ricostruire le intonazioni e l'impiego, in collaborazione con Valter Biella e altri. Su tali basi, dal 2007 realizza copie di strumenti antichi, utilizzando solo utensili meccanici disponibili all'epoca.
Appassionatosi alla cultura materiale delle Quattro Province, dopo aver visitato il laboratorio di "Bani" e diverse feste tradizionali nell'agosto 2007, ha appreso da Claude Romero ulteriori nozioni sulla costruzione di pifferi, che ha avviato a sua volta dal 2010 nella sua casa di Privas, nell'Ardèche (Francia).
Suonatore di piva emiliana e chitarra attivo nel gruppo modenese "Bandabardana"; dal 2008 si cimenta anche nella costruzione di muse.
Tra i maggiori costruttori e fornitori di cornamuse nell'intera Francia, vive in Alvernia (zona della cabrette). Nella seconda metà degli anni Duemila ha vissuto e lavorato a Cegni, venendo a contatto con il lavoro di Stefano Valla e Stefano Mantovani. Nel 2010 ha realizzato una musa sul modello di quella rinvenuta a Negruzzo, da lui ritenuta il riferimento migliore per le caratteristiche tradizionali.
Pifferaio di Genova legato fin da piccolo al paese di Belnome (val Boreca). Nel 2011 ha costruito una pregevole serie di custodie per piffero e accessori connessi utilizzando legno di mobili e pavimenti risalente a oltre 100 anni fa.
Fisarmonicista e ?sassofonista di Uscio (val Recco-Fontanabuona), di professione decoratore di esterni. Il padre memore delle storiche feste in paese lo incoraggiava a suonare il piffero. Nel 2011 con un trapano a colonna ha effettuato i primi tentativi di copia di un Cicagna posseduto da un compaesano; negli anni successivi ha messo a punto altre copie, suonate anche da Claudio Cacco e il 22 settembre 2018 a Cicagna da Bani durante un evento commemorativo del Grixu.
Pifferaio di Genova originario di Propata (val Trebbia). Realizza bocchette munite di tubicino per l'inserimento dell'ancia integrato, oltre a pregevoli cassette per pifferi.
Musicista folk di Milano frequentatore delle Quattro Province, dove nel 2021 ha acquistato una casa a Remeneglia (alta val Curone) installandovi un laboratorio di costruzione di muse e pive.
repertorio a cura di Claudio Gnoli e Fabio Paveto con la collaborazione di Cristina Ghirardini
Il piffero = (Dove comincia l'Appennino / redazione ; © autori) — <https://www.appennino4p.it/piffero.htm> : 2004.06 - 2024.08 - -